EARTH & SOCIAL

Opere Pubbliche/1. STAZIONE CENTRALE DI MILANO


A Milano, è risaputo, siamo sempre tutti di corsa. Ci prendono in giro anche alloZelig perché sembriamo tante formiche operaie (lo siamo?), perché camminiamo tutti svelti senza alzare quasi mai lo sguardo e perché se perdiamo la metro ci girano le palle, anche se quella dopo arriva al massimo in tre minuti. A guardare la cosa da fuori possiamo sembrare tutti degi idioti e lo capisco. Ma ad esserci dentro si deve correre e non c'è niente da fare; il tempo nella città grigia sembra sempre correre più veloce di tutti. Inoltre, è tutto un immenso percorso ad ostacoli, in qualunque modo si scelga di muoversi... ad esempio, io mi sposto in metropolitana o con il treno. A proposito di questo, c'è una domanda che mi pongo da ormai quasi un mesetto e che sento il bisogno di condividere con qualcuno; la domanda è la seguente: Come mai quando in italia (con la minuscola del caso) si fa un "lavoro di ammodernamento" ad un'opera pubblica, qualsiasi essa sia, il risultato dello stesso è identico all'originale se non addirittura peggiore? Ad esempio, circa un mese fa è stata aperta la nuova biglietteria della stazione centrale. ViviMilano, Grandi Stazioni (Fs)
Se Milano è una città frenetica, c'è da immaginarsi cosa sia la sua stazione centrale dei treni. Ho visto parecchie stazioni italiane nella mia vita e per come mi è sembrato solo quella di Roma Termini le si avvicina per caos e per abbondanza di traffico umano. Fino ad un mese fa la biglietteria era la prima cosa che s’incontrava entrando nel grande edificio bianco voluto dal duce. C’erano una ventina di sportelli, di cui almeno dieci chiusi e una ventina di distributori automatici di biglietti, di cui quattro fuori servizio, quindici che non accettano più né monete né soldi di carta e uno ladro, nel senso che come si mettono i soldi, si spegne e chi s’è visto s’è visto. Adesso invece, all’ingresso del grande edificio voluto dal duce c’è un cantiere; l’ambientazione, la luce fioca, l’odore e la desolazione, unita alla gente che di corsa perennemente lo attraversa e al gusto estetico di chi lo fece costruire, fa sembrare quel posto un girone dantesco. Perché adesso c’è la nuova biglietteria e non è più all’ingresso. No… La prima volta che ne ho usufruito non ci volevo credere. Faccio parte di quei milanesi scappati da Milano che però ci tornano ogni giorno per lavoro. Ci chiamano pendolari. E siccome ho deciso di ridurre il mio impatto ambientale, raggiungo la città con mezz’ora di treno la mattina e in mezz’ora di treno me ne vado la sera. Esco dall’ufficio all’ultimo minuto utile, m’infilo in metropolitana veloce come un razzo e salgo sul vagone che poi (ormai lo so) si fermerà esattamente di fronte all’imbocco d’uscita dalle banchine. Quando arrivo alla fermata “Centrale” mi catapulto fuori dal treno e imbocco svelta il tunnel, affronto la corsa della mandria impazzita anzi vi partecipo e oltrepasso i tornelli stando sempre ben attenta a non incastrarmici in mezzo assieme a qualcun altro. Affronto la spaventosa gradinata a due scalini alla volta (fino in fondo, compresi quelli di marmo alti quindici centimetri l’uno) ed entro nel grande edificio tetro voluto dal duce. Seguo i tanti cartelli seminati qua è là, che sembrano scritti con i pennarelli (probabilmente lo sono) e che indicano in diverse lingue la collocazione della nuova biglieteria e mentre cammino ho sempre più l’impressione che qualcuno mi stia prendendo in giro. I nuovi sportelli (che sono diciotto) e i soliti vecchi distributori automatici si trovano in fondo ad un lungo corridoio “collocati lungo il nuovo asse pedonale parallelo alla galleria delle carrozze” (come da cartella stampa). Questo significa che la camminata che si deve fare per avere i biglietti equivale a quella che si dovrà fare poi per raggiungere il “vagone 7”: mezzo chilometro circa. A piedi e di corsa e molto probabilmente con pesanti valige a carico, essendo quella la maggiore stazione di snodo italiana per l'Europa. Questo significa che se per caso si arriva in ritardo, anche di poco, è altamente probabile perdere il treno perché si perde troppo tempo già solo per fare i biglietti. Quando mi sono avvicinata alle macchinette, dopo aver fatto la consueta super-fila, ho riconosciuto i soliti vecchi distributori automatici, di cui quindici fuori servizio, dieci che non accettano più né monete né soldi di carta e il solito ladro, che si riconosce facilmente perché c’è sempre qualcuno che lo prende a calci (inutilmente perché tanto non si riaccende e anche se lo facesse sarebbe impossibile dimostrare d’averci appena inserito 50 euro, provare per credere…). La solita vecchia roba che fa perdere il treno e la calma nello stesso momento, insomma.. solo che adesso poggia tutto su un pavimento di linoleum bianco e la schermata iniziale ha una nuova grafica; solo quello, il resto è identico. Inoltre, gli aggeggi non sono più tutti nello stesso punto, bensì sparpagliati qua e là in ogni angolo (e alcuni ancora oggi probabillmente sono da scoprire)… Così tocca saltellare da una fila all’altra nella speranza di riuscire a individuare qual è la macchinetta che prende le monete (io non ce l’ho la carta di credito e non la voglio avere e il mio biglietto costa 3 euro). Quando finalmente riesco ad avere il pezzo di carta in mano, cerco il modo di tornare su, ai treni. Individuo subito i nuovi tapis roulant e mi ci infilo (all’ingresso e all’uscita di ognuno dei 12 tappeti ci sono 3 panettoni alti quasi un metro che sono antisfondamento, anti sedia a rotelle, anti carrozzina, anti passeggino e anche anti obeso, probabilmente), li percorro di corsa. Per salire all’altezza dei binari ci sono da fare due rampe di tapis roulant, entrambe parecchio lunghe. Ce ne sono alcune direzionate in modo che alla fine della prima rampa si possa subito salire sulla seconda. Se va male, si capita in quelle direzionate alla cacchio e alla fine della prima rampa in salita si trova la prima rampa in discesa, che riporta esattamente al punto di partenza; per proseguire la salita bisogna quindi ripercorrere l’intera lunghezza del tappeto, tornare indietro per un corridoio dalle pareti bianche e spoglie manco fosse un grande magazzino con la merce esposta da porre all’attenzione della gente. No. È semplicemente un luogo di passaggio che è stato “ammodernato” e “migliorato” per rendere la vita dei viaggiatori e dei pendolari migliore e i tempi per gli spostamenti inferiori, ma questo solo nelle intenzioni, forse. Nella realtà e nella quotidianità di chi vive quel posto ogni giorno è invece un’ulteriore perdita di tempo. Null’altro. Alice Virtù