¤LeAli DeLLaLiBeRtà¤

Post N° 187


Auguro una serena e dolcissima domenica a tutti gli animalisti  e alla dolce Saretta
Vi lascio con questo tristissimo racconto
 L’autunno portava con sé pioggia, nebbia e vento; lassù, ai piedi della grande quercia, in attesa di sentire qualcuno di loro, ascoltavo l’aria che levita le foglie,- anche le punte degli alberi hanno da dire qualcosa,-mentre un vento impetuoso spezzava i rami e gelava l’alito.Senza alcuna spiegazione,il giorno avanti, mentre ero al rifugio, avevo avvertivo che sarebbe successo qualcosa. Vedevo, infatti, i cani nei box del padiglione di Renata, detto così proprio perché se ne occupava lei, silenziosi fissare la cuccia di Saggio.Sentivo le cagne che raccomandavano i piccoli a non fare chiasso e i maschi dai vari punti della struttura ululare come se avessero voluto comunicare a distanza.Insomma nell’aria c’era un non so che non andava. Erano circa le ore diciannove quando un silenzio calò lentamente e, a fatica, vidi uscire Saggio dal suo riparo.Tutti con gran rispetto abbassarono il capo e aprirono un varco.Il bassottino si stese sotto il grande sasso a mo’ di sgabello, dove Saggio vi salì per accucciarsi sul podio. Tutti gli altri si accovacciarono intorno, mentre dai piani superiori si spegnevano gli ultimi guaiti.Con tono pacato e voce rauca, inizia a parlare .“ La neve ha fatto la sua comparsa sui monti e tra non molto cadrà a fiocchi e il freddo gelido piano piano divorerà e trapasserà i nostri ripari di cartone. Sarà una novità per i piccoli che la rincorreranno per giocarci,e un male per noi anziani perché sveglierà dolori trafittivi e indescrivibili per le ossa.Sono stato uno dei primi ad arrivare qui. Avevo due anni ed ora ne ho quasi tredici. Adolescenza, gioventù, maturità e vecchiaia si sono consumati in questo box, sempre sotto lo stesso cielo.I miei occhi hanno visto tanto e molte storie hanno udito le mie orecchie. Vi conosco tutti e di tutti so tutto.Al chiarore della luna, ho sentito le vostre storie, apparentemente differenti,ma sempre uguali. Ogni qual volta qualcuno di voi giungeva qui,cercavo di carpire dal suo sguardo se qualcosa fosse cambiato negli uomini verso noi. Quasi quindici anni sono trascorsi,ma tutto è come sempre. Guardando i cuccioli sapeste quanto ho pregato per non vederli crescere qui,e, invece, anche loro, come me, avanzano negli anni, chiusi nei box.Quante volte i vostri gemiti mi hanno penetrato il cervello, al punto da rimbambirmi; quanti di voi ho visto scodinzolare alla presenza di un uomo che cercava un cane e nessuno gli andava bene, perché o eravamo troppo grossi o troppo piccoli , o bianchi anziché neri, o timorosi o troppo irruenti, o semplicemente perché bastardi; quante volte ho letto nei vostri occhi la delusione del rifiuto.Amici troppe amarezze ha sopportato il mio cuore. Senza mai farmi capire, ho cercato di darvi coraggio e ho sempre cercato di vedere nella mano dell’uomo un gesto di bontà.Cosa possiamo fare?Continuate ad insegnare la fedeltà ai vostri piccoli e la gratitudine per un pezzo di pane che vi daranno; un giorno forse, per quelli che verranno dopo, chissà, ci saranno uomini migliori che apprenderanno da noi il vero significato di fedeltà,’ umiltà, gratitudine, tre qualità che non dobbiamo mai soffocare, mai dimenticare.!Ognuno nel creato ha un suo spazio, un suo scopo. Anche noi, ma l’uomo ciò ancora non lo ha capito; nel tempo, forse, capirà.”Percepivo le parole di Saggio a fatica, quel vocione possente che si riconosceva nei giorni passati, si stava affievolendo; parlava a stento, mentre fissava il vuoto.A un tratto le foglie non bisbigliarono più, il vento si era quietato, dal cielo, danzando, scendevano giù lentamente fiocchi di neve,nell’aria ovattata risentii la voce di Saggio che nel congedarsi dal gruppo, diceva:“ Amici,vi ringrazio per il rispetto che mi avete portato,vi ho tutti nel cuore. Per voi che siete qui riuniti, per gli altri che errano e vagabondano per boschi e paesi ,dico per voi e per loro, per l’ultima volta, la mia preghiera. A voi lascio la mia fedeltà e rimetto la mia anima con umiltà nelle mani di Dio.
Chinò il capo e lentamente scivolò dal podio.In quell’istante, un assolo di ululati da fare accapponare la pelle rimbombò nell’aria indi, silenziosi e in fila, ognuno di loro passò davanti a Saggio, leccandolo o toccandolo con il muso, per poi girare intorno al Grande Sasso e lentamente rientrare nei propri box.Mentre la neve cadeva, vedevo il corteo rendere l’ultimo omaggio a colui che sperava in un mondo migliore per i suo simili.I cani chiusi nel piano superiore abbaiavano – Grazie Saggio per la speranza che ci lasci , non ti scorderemo, vecchio brontolone. Belle le tue ultime parole. E’ penoso essere soli ed essere soprattutto semplicemente solo un cane; addio vecchio Saggio,nessuno di noi ti dimenticherà mai!La neve stava ricoprendo il corpo di Saggio. Volevo scendere per abbracciarlo,però mi trattenni dal farlo, non per paura, ma per rispetto perché fino al mattino, dandosi il cambio, vegliarono il suo corpo.Di fronte a tutto ciò ero allibita. Il freddo non era così gelido e pungente come la preghiera del cane che solo ripensarla mi trafigge l’animo e il cervello.Nevicava, come nevicava! Loro, silenziosi, con le orecchie tese erano lì, forse pregavano, forse cercavano di fissare le parole di Saggio nella loro mente.Rimasi lassù fino all’arrivo dei volontari, con i quali seppellimmo Saggio, sotto la grande quercia di fronte al rifugio.Quel mattino i cani non abbaiarono, cosa che solitamente si verifica quando arriva qualcuno Chiusi nel loro dolore, rifiutarono il brodo e nessuno si mosse dalla propria cuccia , neanche quando arrivò lei “ l’angelo dei cani” .
PREGHIERA DEL CANE RANDAGIOCon passo vacillantee con il corpo strematogiungo alla fine dei miei giorni.Forse stasera moriròe da sotto questa querciacon l’ultimo respiro, che mi resta in gola,vorrei ringraziare il Signoreper il pane che mi ha fatto trovarenella spazzatura,per l’acqua che ha fatto scendere dal cielo perdissetarmi,per i sacrati delle chiesedove ho potuto ripararmi.Si, Signore,io sono uno di quelliuno fra i tanti che non sacos’è il calore di una cuccia,il sapore di un osso,la carezza di un padrone.Conosco soloil dolore dei calci sul dorso,le sassate sulla fronte,le gomme di quella macchinache mi hanno spinto nel burrone.Ricordo, poiquella mano,grande, pesante,che ancora cucciolo mi haabbandonato nella strada,dove vissi tutto il mio calvario.Ho attraversato monti,boschi e paesinessuno mai,mi ha tenuto con sé,nessuno,mai,mi ha dato un nome.Dalla nascita ho sempre portato il tuo“ Cane.”Signore,tante sono le cose che vorrei dirti;ma…..il cuore ha rallentato il battitoe il respiro si affievola sempre più.Perdonami! E ti supplico:fà che la mano dell’uomonon abbandoni piùun cucciolo nella strada.E’ triste vivere da vagabondi,è penoso essere soli,ed essere soprattutto semplicementesolo un cane.Abbracciami almeno tuin quest ‘attimo.Perché?Perché anch’io ti appartengo!
tratto dal libro "Voci di canili"Autrice:D.ssa Anna Mazziotti