Neuroni in disordine

Il mio giocattolo


Avevo forse cinque o sei anni, quando i miei genitori in occasione della festa della Befana mi regalarono la scatola del piccolo chimico. Me lo ricordo ancora. Forse l'unico regalo che mi è rimasto fortemente impresso. Ci giocavo spesso ed ero alla ricerca delle mille polverine di tutti i colori, di ampolle e provette. Qualche tempo dopo mi fu regalato anche un microscopio. Mi divertivo molto, ci giovavo spesso. Mia nonna che viveva con noi mia aveva messo a disposizione, questo forse qualche anno dopo, un ripiano di una sua libreria dove io avevo sistemato con ordine quasi ossessivo tutta la vetreria, le sostamze; lì facevo i miei esperimenti. Prepraravo la famosa "cristallina"... la ricordate? quella che aggiunta all'acqua le rendeva frizzante (e un pò salata...) l'acqua del rubinetto. Mescolavo gli ingredienti, l'aggiungevo all'acqua e mi divertivo a vedere la reazione che sviluppava tanto gas e che faceva trabboccare l'acqua o saltare i tappi che mi divertivo a chiudere male. Non mi ricordo l'età ma cominciavo ad interessarmi di questa scienza grazie ad una bellissima enciclopedia che mia madre aveva: bella colorata e spiegata bene. Leggevo le pagine della chimiche: le molecole, gli acidi, ecc. ma anche le storie dell'alchimia, dei suoi simboli misteriosi, delle magie ..... forse questo lato misterioso e stregonesco mi affascinava..... Alle medie mi divertivo a raccogliere sui block notes tutte le caratteristiche degli elementi... cominciavo dall'idrogeno, poi l'elio, e così via in modo ordinatissimo.... Pesi molecolari, temperature di ebollizione, ecc. Alle superiori si studiava solo per una anno la chimica: io ero quello che veniva cercato da tutti per spiegare come si bilanciavano le reazioni: per me era come fare le addizioni per un bambino che aveva finito le elementari..... Finchè arrivo alle scelte universitarie e al lavoro: ormai sono 15 anni che ci lavoro nei laboratori. Forse quando qualcuno minaccia la mia poszione come ho ampiamente descritto in questo blog, è come un bambino grosso e prepotente che cerca di levarmi dalle mie mani il mio giocattolo, il giocattolo preferito.