Alla luce di Dio

Post N° 241


Dalla lettera agli Ebrei Fratelli, come dice lo Spirito Santo: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, nel giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: Hanno sempre il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo”. Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest’“oggi”, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato. Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio.Parola di Dio Anzitutto un avverbio di tempo. Sì, oggi. Non domani o dopodomani. Oggi. Subito. Che significa poi udire la voce del Signore? Vuol dire ascoltare, porre vera attenzione alla sua Parola e a quanto, intimamente connesso con la sua Presenza d'amore, Egli mi fa cogliere nell'intimo della mia coscienza. Quanto all'esortazione di non "indurire" il cuore, è tanto urgente sempre. Il cuore si indurisce appunto quando si chiude su di sé, emargina la memoria di Dio e del suo amore, con la conseguenza di un egoismo che perverte, strangola e devasta la vita. Ma allora bisogna precisare una cosa: quello che Dio ci fa sapere, non è prima di tutto un comando, ma è una promessa che tende a dilatare il nostro cuore. Essa riguarda quel manifestarsi di tutto l'amore, di tutta la misericordia nel Figlio Gesù che è il cuore della nostra fede cristiana. Il brano della lettera agli Ebrei ricorda come, di fronte ormai alla terra che Dio aveva loro promessa, gli Ebrei dubitano, recriminano, si spaventano. E il Signore agisce di conseguenza: "Non entrerete nel mio riposo". Per noi oggi, l'esodo dai vari Egitti, l'entrare nella terra dell'intimità con Dio promessa dal Vangelo, è possibile "perché siamo diventati partecipi di Cristo" Sono le testuali parole del testo sacro. Ma ci crediamo? Credo, Signore, io credo. Tu aumenta la mia fede.La voce del PapaNon abbiate paura: aprite, anzi spalancate le porte a Cristo.Giovanni Paolo II San Francesco Fernandez de Capillas Domenicano, martire Nato a Baquerín de Campos, nella diocesi di Palencia, vestì l'abito domenicano a 17 anni nel convento di s. Paolo a Valladolid. Ancora diacono partì per le Filippine e di qui - dopo un decennio di ministero sacerdotale - passò in Cina. Prodigò nella provincia di Fo-Kìen ogni sua energia per la diffusione del Vangelo. I magnifici risultati della sua attività gli meritarono l'odio dei tartari. Caduto nelle loro mani presso Fuan, rifiutò di apostatare la fede e fu sottoposto a raffinate torture, che sopportò con letizia per amore di Cristo. Il 15 gennaio, la decapitazione coronò l'ideale missionario vagheggiato sin dall'infanzia: la Chiesa ebbe così il primo martire dell'impero cinese.