Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.Parola del Signore
Come vivere questa parola?Nel linguaggio giovanneo il verbo dimorare è frequentissimo e molto spesso cammina a braccetto con il verbo amare, quasi a voler dire: il vangelo non è un discorso da comprendere ma un percorso da seguire, un esperienza da fare, un incontro personale con Dio, che suscita la fede e chiede una totale adesione del cuore. Non a caso, i primi due discepoli che incontrano Gesù gli domandano: Maestro, dove dimori?".Consentire a Dio di dimorare in noi e quindi entrare in quella misteriosa dimora che è il cuore stesso di Dio non è certo uno sforzo volontaristico, ma un'opportunità che ci viene dall'accogliere il lieto annuncio del vangelo, percependolo innanzi tutto come dono gratuito di Dio che si fa salvezza per noi, al di là delle nostre capacità, oltre i nostri stessi limiti. La prospettiva è luminosissima e scardina alla radice ansie e paure perché ci libera dall'oppressione della nostra impotenza. Non siamo noi a tessere il mirabile arazzo della comunione con Dio, ma è Lui che viene a noi e ci cambia dal di dentro, rispolverando nell'interiorità profonda quell'immagine e somiglianza con Lui che ci rende audaci e speranzosi.Ecco perché non serve accanirsi contro il peccato; bisogna piuttosto neutralizzarlo con l'antidoto dell'amore, accolto e offerto in gratuità. Sì, non serve starcene ripiegati sulle ferite della nostra umanità peccatrice. Basta guardare in alto e lasciarsi trasformare dall'Amore che chiede insistentemente di dimorare in noi.
Dimora in Gesù, anima mia, e lasciati avvolgere dalla sua presenza. Tendi l'orecchio alla sua Parola ed egli colmerà di senso i tuoi giorni, proiettandoti verso la luce immarcescibile del Padre, che t'attende.
La voce di una misticaHo trovato il cielo sulla terra. Perché il cielo è Dio e Dio è nella mia anima. Il giorno in cui l’ho compreso, tutto per me si è illuminato.S. Elisabetta della Trinità
Sant' Ignazio da Laconi Frate cappuccino
11 maggio - Comune Laconi, Nuoro, 17 novembre 1701 - Cagliari, 11 maggio 1781 Devotissimo e dedito alla penitenza fin da giovane, indossò il saio francescano, nonostante la sua gracile costituzione, e fu dispensiere ed umile questuante nel convento di Iglesias e poi in altri conventi. Dopo quindici anni, fu richiamato a Cagliari nel convento del Buoncammino. Qui, lavorò nel lanificio e come questuante in città, svolgendo per quarant’anni il suo apostolato tra poveri e peccatori, aiutando e convertendo. La gente lo chiamava “Padre santo “ e anche un pastore protestante, cappellano del reggimento di fanteria tedesco, lo definì ‘un santo vivente’. Divenuto cieco due anni prima della morte, fu dispensato dalla questua ma continuò a osservare la Regola come i suoi confratelli.