Alla luce di Dio

meditazione del giorno


Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, la folla degli abitanti di Filippi insorse contro Paolo e Sila, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò forte: “Non farti del male, siamo tutti qui”. Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: “Signori, cosa devo fare per esser salvato?”. Risposero: “Credi nel Signore Gesù Cristo e sarai salvato tu e la tua famiglia”. E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.Parola di Dio 
Come vivere questa parola?La lettura odierna, tratta dagli Atti degli Apostoli, si apre con la presentazione di Paolo e Silla percossi e gettati in prigione a causa della Parola. I corpi sono piagati, i ceppi stringono i piedi, ma lo spirito è libero e i due inneggiano serenamente a Dio. A questo punto un violento terremoto provoca un rovesciamento della situazione, o meglio lascia emergere la realtà nelle sue più recondite pieghe. I prigionieri non cercano salvezza nella fuga. Erano e sono liberi, nonostante i pesanti condizionamenti esterni. Il carceriere invece si scopre bisognoso di salvezza, avvinto com'è da catene di cui finora non si rendeva conto, anzi, che forse accarezzava. Ricerca esasperata del benessere del potere e del piacere. Catene di ieri e di oggi che privano l'uomo della consapevolezza del proprio valore intrinseco: tu vali perché possiedi questo e quello, perché puoi dominare e sfruttare gli altri, perché puoi concederti tutte le soddisfazioni anche le più degradanti. E il tarlo dello scontento scava dentro voragini che nulla riesce a colmare. L'uomo si scopre allora in fuga da se stesso, bisognoso di qualcuno che gli indichi la via della salvezza: "Cosa devo fare per essere salvato?". Una domanda latente nel cuore di tante persone anche oggi. I provvidenziali "terremoti" della vita la fanno emergere. Ad essa non si possono dare risposte scontate. Solo il "testimone" può dire in modo credibile: "Credi nel Signore Gesù". Credi cioè in Colui che rivela all'uomo il suo volto più autentico, la sua dignità di "immagine", anzi di "figlio di Dio" e ritroverai te stesso. Allora sentirai nuovamente la gioia gorgogliare dentro di te come una polla d'acqua sorgiva che sale dalle profondità e si espande intorno a te.
Voglio ringraziarti, Signore, per tutti i piccoli e grandi terremoti che ho dovuto affrontare nella mia vita. Erano richiami del tuo cuore che non si rassegnava a vedermi languire in una vita priva di senso e di gioia.
La voce di uno scrittore di spiritualità[La libertà che Gesù è venuto ad offrire] è una libertà che penetra nel più profondo del cuore. È una libertà che nessuna potenza terrena può soffocare. È la libertà dello spirito: una libertà da qualsiasi specifica attesa politica, economica o sociale del futuro, la libertà di seguire il Signore stesso.Henri J.M.Nouwen
San Celestino V - Pietro di Morrone Eremita e Papa  19 maggio - Comune Isernia, 1215 - Rovva di Fumone (Frosinone), 19 maggio 1296 (Papa dal 29/08/1294 al 13/12/1294)Pietro da Morrone, sacerdote, condusse vita eremitica. Diede vita all’Ordine dei “Fratelli dello Spirito Santo” (denominati poi “Celestini “), approvato da Urbano IV, e fondò vari eremi. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come “ colui che per viltade fece il gran rifiuto “, oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio eroico di umiltà e di buon senso