Dal Vangelo secondo LucaIn quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».Parola del Signore Come vivere questa Parola?La richiesta di "segni" che motiva l'intervento di Gesù, in questo paragrafo, non è qualcosa di nuovo nella Bibbia. E neppure è necessariamente qualcosa di sbagliato. Grandi personaggi del passato avevano chiesto a Dio che convalidasse con un segno quanto percepivano come una sua esigenza, nel timore di prendere un abbaglio e di confondere le proprie attese o illusioni con la volontà di Dio. Una richiesta, quindi, rivelativa di una sana diffidenza di sé e dell'umile consapevolezza del proprio limite. Qualcosa di encomiabile. La stessa istanza, però, può nascondere una radice subdolamente venata di scetticismo o una smaniosa ricerca di spettacolarità. Ed è questo che Gesù condanna.Cercare di fondare la propria fede su motivazioni anche razionali è, in fondo, un mettere in pratica l'esortazione di Pietro che invita ad "essere pronti a rispondere a chi ci domandi ragione della speranza che è in noi". Ma quel continuo correre dietro all'ultima notizia sensazionale, quel pretendere da Dio "segni" e "miracoli" per continuare a dargli credito è indice di una fede anemica, o meglio, inesistente. Credere è consegnarsi a Dio con un gesto gratuito e fiducioso, perché si è accolto "il segno" che Egli ci ha dato nella persona di Gesù. Come Giona, suo malgrado, è divenuto "segno" di un Dio longanime e misericordioso, così Gesù è il segno che "Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi suo Figlio". Di fronte all'inabissarsi di Gesù nella morte perché io risorgessi con Lui a vita nuova, come dubitare ancora di un amore che ci precede e ci accompagna, anche nei momenti difficili? Come non affidarsi, sia pure nel buio di situazioni che al momento sembrano irrisolvibili?Solo in Dio riposa l'anima mia; da Lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza,mia roccia di difesa: non potrò vacillare.La voce di un Dottore della ChiesaLa fede è meglio, per te, che una nave sul mare. Questa infatti è retta dai remi, tuttavia i flutti la possono far affondare; ma la tua fede non affonda mai, se la tua volontà non lo vuole –S. Efrem il Siro San Serafino da Montegranaro Religioso Montegranaro, Ascoli Piceno, 1540 - Ascoli Piceno, 12 ottobre 1604 Serafino nacque nel 1540 a Montegranaro nelle Marche. Era povero: per un periodo fece il custode di gregge. A 18 anni entrò in convento a Tolentino. Fu accolto come religioso fratello nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fece noviziato a Jesi. Peregrinò per tutti i conventi delle Marche, perché, nonostante la buona volontà e la massima diligenza che poneva nel fare le cose, non riusciva ad accontentare né superiori, né confratelli, che non gli risparmiarono rimproveri. Ma egli dimostrò sempre tanta bontà, povertà, umiltà, purezza e mortificazione. Nel 1590 Serafino si stabiliva definitivamente ad Ascoli Piceno. Due i «libri» fondamentali per lui: il crocefisso e la corona del rosario con cui si faceva messaggero di pace e di bene. Aveva 64 anni e la fama della sua santità si diffondeva per Ascoli, quando egli stesso chiese con insistenza il viatico. La morte lo colse il 12 ottobre 1604. Dopo essere spirato, semplice anche nella morte, la voce del popolo che lo diceva santo giunse anche alle orecchie del Papa Paolo V, il quale autorizzò l'accensione di una lampada sulla sua tomba. Fu canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767. (Avvenire
meditazione del giorno
Dal Vangelo secondo LucaIn quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».Parola del Signore Come vivere questa Parola?La richiesta di "segni" che motiva l'intervento di Gesù, in questo paragrafo, non è qualcosa di nuovo nella Bibbia. E neppure è necessariamente qualcosa di sbagliato. Grandi personaggi del passato avevano chiesto a Dio che convalidasse con un segno quanto percepivano come una sua esigenza, nel timore di prendere un abbaglio e di confondere le proprie attese o illusioni con la volontà di Dio. Una richiesta, quindi, rivelativa di una sana diffidenza di sé e dell'umile consapevolezza del proprio limite. Qualcosa di encomiabile. La stessa istanza, però, può nascondere una radice subdolamente venata di scetticismo o una smaniosa ricerca di spettacolarità. Ed è questo che Gesù condanna.Cercare di fondare la propria fede su motivazioni anche razionali è, in fondo, un mettere in pratica l'esortazione di Pietro che invita ad "essere pronti a rispondere a chi ci domandi ragione della speranza che è in noi". Ma quel continuo correre dietro all'ultima notizia sensazionale, quel pretendere da Dio "segni" e "miracoli" per continuare a dargli credito è indice di una fede anemica, o meglio, inesistente. Credere è consegnarsi a Dio con un gesto gratuito e fiducioso, perché si è accolto "il segno" che Egli ci ha dato nella persona di Gesù. Come Giona, suo malgrado, è divenuto "segno" di un Dio longanime e misericordioso, così Gesù è il segno che "Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi suo Figlio". Di fronte all'inabissarsi di Gesù nella morte perché io risorgessi con Lui a vita nuova, come dubitare ancora di un amore che ci precede e ci accompagna, anche nei momenti difficili? Come non affidarsi, sia pure nel buio di situazioni che al momento sembrano irrisolvibili?Solo in Dio riposa l'anima mia; da Lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza,mia roccia di difesa: non potrò vacillare.La voce di un Dottore della ChiesaLa fede è meglio, per te, che una nave sul mare. Questa infatti è retta dai remi, tuttavia i flutti la possono far affondare; ma la tua fede non affonda mai, se la tua volontà non lo vuole –S. Efrem il Siro San Serafino da Montegranaro Religioso Montegranaro, Ascoli Piceno, 1540 - Ascoli Piceno, 12 ottobre 1604 Serafino nacque nel 1540 a Montegranaro nelle Marche. Era povero: per un periodo fece il custode di gregge. A 18 anni entrò in convento a Tolentino. Fu accolto come religioso fratello nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fece noviziato a Jesi. Peregrinò per tutti i conventi delle Marche, perché, nonostante la buona volontà e la massima diligenza che poneva nel fare le cose, non riusciva ad accontentare né superiori, né confratelli, che non gli risparmiarono rimproveri. Ma egli dimostrò sempre tanta bontà, povertà, umiltà, purezza e mortificazione. Nel 1590 Serafino si stabiliva definitivamente ad Ascoli Piceno. Due i «libri» fondamentali per lui: il crocefisso e la corona del rosario con cui si faceva messaggero di pace e di bene. Aveva 64 anni e la fama della sua santità si diffondeva per Ascoli, quando egli stesso chiese con insistenza il viatico. La morte lo colse il 12 ottobre 1604. Dopo essere spirato, semplice anche nella morte, la voce del popolo che lo diceva santo giunse anche alle orecchie del Papa Paolo V, il quale autorizzò l'accensione di una lampada sulla sua tomba. Fu canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767. (Avvenire