TERZA DOMENICA DI QUARESIMA - C7 Marzo 2010In questa Terza Domenica il tema della conversione è esplicitato già nella Colletta che, in modo mirabile, sintetizza la tematica presente nella Liturgia della Parola: «Padre santo e misericordioso... infrangi la durezza della mente e del cuore… perché portiamo frutti di vera e continua conversione». Due fattidi cronaca (alcuni morti in una rivolta contro i Romani, l’improvviso cedere di una torre che seppellisce alcuni cittadini) offrono a Gesù l’occasione per un appello alla conversione. Il contesto immediato del brano evangelico (a partire da Lc 12,35) insiste sul tema della vigilanza e sulla lettura dei segni dei tempi, per cui vi è logica connessione tematica. Gesù da una parte vuole sfatare il pregiudizio che lega la sventura terrena a colpe personali o collettive, dall’altra dichiara che la vera disgrazia è l’impenitenza, il rifiuto della conversione. I fatti della vita, compresa la morte, sono un linguaggio di Dio che bisogna saper interpretare, un provvidenziale avvertimento a rinnovare l’esistenza in questo tempo che è il tempo della pazienza divina. «L’anno di attesa (cfr. Vangelo) è l’intera vita dell’uomo prima del giudizio. Dio ce la dà come il nostro tempo di conversione. Ma non intende dire: c’è sempre tempo per convertirsi; vuol ricordare invece: ogni giorno dell’anno è tempo di conversione» . L’urgenza della conversione in vista dell’approssimarsi del giudizio di Dio che i segni dei tempi continuamente ci richiamano è la nostra risposta all’esperienza di un Dio che viene per farci uscire dall’Egitto, che viene ad aiutarci a ritrovare la nostra identità di uomini. Egli sente il grido del suo popolo e manda Mosè a “liberarlo dalla mano dell’Egitto e farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso” (Prima Lettura). Un popolo liberato èun popolo in conversione. Una conversione continua. Come al popolo d’Israele non fu sufficiente passare il Mar Rosso, cibarsi della manna e dissetarsi all’acqua della roccia per essere fedele a Dio (insorsero infatti contro di lui e furono castigati), così al nuovo popolo di Dio, a noi, non basta essere battezzati e aver partecipato alla mensa del corpo e sangue di Cristo per entrare nel Regno della promessa (Seconda Lettura). La vita del popolo nel deserto al tempo di Mosè, ammonisce Paolo, è scritta a nostra correzione. La Parola di Dio vuol provocarci, pertanto, alla conversione e l’urgenza di questo appello assume in Cristo una tonalità particolare: egli è la misericordia del Padre, occasione “nuova” e “definitiva” offerta all’uomo per fare penitenza. Il tempo di Cristo è il tempo della pazienza del Padre. Dio non impone scadenze fisse. Un lungo passato di sterilità non impedisce, quindi, a Dio di dare possibilità di riuscita al fico. Non si tratta di debolezza, ma di amore. Il rischio è di sottovalutare le esigenze di tale atto e di confinarlo in gesti che solo superficialmente ci toccano, ma in realtà lasciano intatto il fondo della nostra vita. Conversione è una profonda verifica di se e della direzione che ha assunto la propria vita. Implica un “cambio di direzione”. Conversione è un passaggio da una fede accettata passivamente, fede-eredità, a una fede attivamente conquistata, come risposta al dono di Dio e all’intervento dello Spirito nella nostra vita. Conversione è rottura di una mentalità orientata verso il peccato, verso valori puramente umani, verso l’autosufficienza e l’orgoglio, per aderire ai segni di penitenza che non siano soltanto rituali. Conversione è adesione al Regno che viene e impegno per esso; è atteggiamento di povero, di piccolo, di servo, di figlio; è autenticità di comportamento contro ogni dissociazione tra fede e vita. Dio ci attende a questo istante decisivo.