VerdeOro al Tramonto

come si dice addio?


 Aveva un nome importante. Per noi era Giangi. Il Napoletano, l’Esuberante Giangi.Doveva essere una banale esercitazione, una delle tante. Una formalità per lui che fin troppo spesso si era trovato in zone di guerra ed aveva attraversato il Pericolo.Un volo da fare ad occhi  chiusi. E su quel volo li ha chiusi. Per sempre.  La televisione accesa  che quasi nemmeno ascoltavo. L’annuncio di un incidente (un barlume di attenzione). Poi i nomi delle vittime. L’associazione improvvisa. Un senso di gelo, la vertigine di un abisso..Ripetevo il nome dicendomi “non può essere lui.. “. Ho cercato conferme. “Pilota Charlie non c’è più!” Nella mente avevo tatuati il suo sguardo penetrante, le fossette ai lati delle labbra quando sorrideva. Quel sorriso da “simpatica canaglia” che faceva inesorabilmente colpo sulle donne. La sua mente vivace e implacabile, la sua ironia non potevano essersi spente così, con un clic. Amava piacere, amava il suo lavoro. Amava la sua famiglia. Amava la velocità fisica e di pensiero, l’azione, il rischio, il potere. Una persona carismatica che potevi amare o odiare ma alla quale mai si sarebbe restati indifferenti.   Mi chiedo se una sola persona possa occupare tanto spazio nella vita di chi lo ha conosciuto.E non consola, no… non consola, come qualcuno ha ripetuto spesso in quei giorni, pensare che sia morto facendo una delle cose che amava di più al mondo: Volare. Conosceva i rischi del mestiere, ripeteva che un errore o un incidente raramente lasciava scampo su quel fragile velivolo. E credo che abbia avuto tutto il tempo per comprendere, con tragica lucidità, che quel volo sarebbe stato l’ultimo.---- Una pagina bianca..Ed in quella pagina, scritta in righe minute e fittissime, la vita di Caterina..L’ho conosciuta molti anni fa. Era impossibile non notarla. Alta, mora, un fisico di prepotente femminilità, colorata come gli abiti che indossava. Bella. E sorridente.Dopo poco, mi accorsi che il suo passaggio era accompagnato da brusii. Pensavo fosse invidia femminile, sarebbe stata il bersaglio ideale sebbene non si vantasse mai della sua avvenenza, ma non riuscivo a comprendere quella sfumatura compassionevole nello sguardo altrui.Poi seppi. A Caterina era stato asportato un seno per un carcinoma…          E Lei sorrideva.Non ha mai smesso di farlo per tutto il tempo che ci siamo frequentate. Poi un cambiamento di sede e, come spesso accade, ci siamo perse di vista. L’ho incontrata due anni fa in un centro commerciale. Poco prima avevo visto il marito, una specie di gigante con lo sguardo da orsetto felice di essere nella sua “ombra”, seduto in attesa – come molti mariti arresi al loro destino nel girone dello shopping. Mi sono voltata a cercarla.Quando ho incrociato  i Suoi occhi, una voce proveniente da un istinto “remoto”  mi ha suggerito il saluto; mente e vista  invece stentavano a riconoscerla. Facevo davvero fatica ad accoppiare quella figura provata con lo spirito ed il corpo della Caterina che conoscevo. Temevo, più di ogni altra cosa, di non essere capace di mascherare lo stupore … Forse ci sono riuscita o forse ha solo voluto trarmi d’impaccio. Ci siamo abbracciate con gioia.Eravamo in fila per una prova in camerino  e appena se ne liberò uno le  chiesi se volesse condividere lo spazio invece di attendere ulteriormente. Con naturalezza ci siamo cambiate. Anche senza guardare, ero consapevole di quella terribile cicatrice che le attraversava il petto. Senza che chiedessi e senza che ce ne fosse bisogno, mi spiegò che il "male" era tornato. Quando ormai sembrava debellato per sempre. Quando credeva di avercela fatta, la scoperta, l’incredulità e l’angoscia. Era tornato e pieno di rancore per essere stato nell’angolo così tanto tempo, digiuno. Aggressivo, maligno come solo il cancro può essere. Ma Lei avrebbe combattuto, come sempre. Portando i segni impietosi e devastanti delle ripetute e ravvicinate terapie cui si era sottoposta era lì a cercare un abito per il matrimonio della figlia, che per amor suo, aveva anticipato la data delle nozze. Era lì, con le sue piaghe, e sorrideva ancora.. “che tipo di abito hai in mente?” le chiesi, aiutandola nella ricerca .. “Coloratissimo, come sempre. Ai colori, lo sai, non rinuncio. Nemmeno adesso!”E’ andata a quel matrimonio e so che sarà stata comunque bellissima  e felice. Ha lottato ancora due anni mentre il male la divorava a poco a poco. La voce flebile sorrideva ancora ma adesso era stanca. Il 19 febbraio l’abbiamo accompagnata nel suo ultimo viaggio.(mi manca terribilmente il vostro sorriso..)