Mirrors and thoughts

Post N° 345


Quand'ero piccola, mia madre e mio padre mi portavano spesso a fare una passeggiata sul lungomare e ogni volta, mentre mi perdevo tra le luci e i colori degli chalet, tra l'odore dei taralli caldi e del mare così vicino, indicavo col dito il venditore di palloncini. Quei palloncini ad elio tutti colorati con le forme degli animali, perché non c'erano ancora le Winx. Forse mi piacevano perché mi facevano pensare ai Barbapapà. O forse li volevo perché ne vedevo così tanti sul marciapiede che mi chiedevo perché non ne avrei dovuto tenere uno anch'io. Ero già una bambina ambiziosa. Mia mamma mi legava sempre il palloncino con lo spago bianco al polso perché io ero (?) una bambina irrequieta e non stavo zitta e ferma un minuto. Ma un nodo non poteva certo bastare a trattenermi. E così quel filo il più delle volte lasciava l'incavo stretto tra la mia manina e il mio braccetto carnoso. Quando il palloncino volava in alto io non ero triste, ma non perché non me ne importasse più nulla. Lo guardavo allontanarsi da me perché pensavo che avrebbe portato nel cielo un mio desiderio. E pensavo che quel desiderio poi così si sarebbe avverato perché in cielo si sa che si presta più ascolto al cuore. Ieri ho visto un palloncino tornare indietro. Era un palloncino rosso che avevo mandato lontano tante volte. Qualche volta ci avevo creduto, qualche volta ci avevo sperato, qualche volta ci avevo sospirato. Sempre con gli occhi chiusi. E col respiro fermo nel petto. Ieri quel filo si è legato di nuovo intorno al mio polso. Ed era un fiocco così leggero e delicato come non m'aspettavo. Quel palloncino aveva l'essenza della mia tensione, ma soprattutto l'emozione che a stento non si è fatta lacrima. Era l'emozione di chi ama scrivere e vuole fare questo nella vita. Era l'emozione di chi ama il cinema e vuole conoscerlo e scoprirlo giorno dopo giorno. Era l'emozione di chi ha una passione che è difficile far coincidere col lavoro, ma sa che non è impossibile. Era l'emozione di mia madre che ha sorriso tutto il giorno finché non le hanno fatto male i piedi. Era l'emozione di mio padre che si è commosso per una figlia che ha sempre tentato il risultato migliore per vederlo felice. Era l'emozione delle mie sorelle che hanno provato a nascondermi quanto fossero nervose esattamente quanto me solo per darmi un po' di forza. Era l'emozione dell'amore mio che mi aiutata a credere di più in me, nelle mie capacità, nei miei sogni, perché con lui accanto io mi sento più forte. Era l'emozione di Yaya che mi ha regalato un cornetto portafortuna che ho tenuto nella tasca dei pantaloni durante la discussione. Era l'emozione di Alina che mi sa parlare con quei suoi bacini teneri. Era l'emozione di A. che è venuta da Roma perché sapeva quanto sarei stata felice di abbracciarla e sorriderle oggi. Era l'emozione di Skassa che mi ha fatto quel cappellino un po' stretto, che conserverò gelosamente perché si è ricordata che ne avrei voluto uno e io ne sono stata contenta. Era l'emozione di Chikichan che ho conosciuto all'università, che mi ha aiutato a crescere e capire che bisogna dar ascolto ai propri sentimenti.  Era l'emozione di F. che stava alle mie spalle, ma è stato come se mi avesse tenuto la mano per tutto il tempo. Era l'emozione di R. che quando mi ha stretta in quell'abbraccio ho fatto fatica a non commuovermi guardandolo negli occhi da dreamer che ha. Era l'emozione dei miei due amici delle superiori che ritrovo sempre nei momenti più importanti della mia vita. Era l'emozione degli amici dell'università, di quelli che non m'aspettavano ci fossero e di quelli che non conoscevo e mi hanno fatto i complimenti. Era l'emozione dei miei cuginetti che mi hanno sussurrato all'orecchio prima della discussione che non ci potevano credere che era arrivato quel momento e che dovevo "scassare tutto". Era l'emozione del mio professore quando mi ha detto che era stata felice di avermi come studentessa e io sono rimasta senza parole e sono riuscita solo a dirgli grazie. Era l'emozione delle ragazze alle quali ho stretto le mani durante la proclamazione. Era l'emozione di E. che è andata via prima e aveva gli occhi rossi. Era l'emozione di Marsì che ho sentito al telefono e con la quale ho sor-riso per tutto il tempo. Era l'emozione di Doc che mi ha mandato un messaggino e mi ha telefonato e sembrava perfino più felice di me. Era l'emozione di Quentolino che non si è dimenticato di cerasella. Era l'emozione di Rù a cui bastano due righe per ricordarmi che ho coraggio da vendere. Era l'emozione del capitano, che mi ha dedicato la sua ultima regata. Era l'emozione di Larry Paul a cui faccio sempre una testa di chiacchiere, ma lui lo ha capito che sono un po' pazza. Era l'emozione di chi ho sentito al telefono o di chi mi ha scritto un sms e mi ha fatto capire che anche se non era venuto aveva pensato a me quel pomeriggio. Era l'emozione che aspettavo da tanto tempo. Perché, come mi hanno scritto in un bigliettino, "La felicità più bella è quella condivisa". Perché è stata una felicità che terrò nell'anima per tutto il resto della mia vita. Perché sono felice oggi e lo sarò ogni volta che penserò a ieri.