Mirrors and thoughts

Post N° 377


UNA CITTA' INVISIBILE
Quando lasci la tua città e senti che altrove hai perso qualcosa che ogni giorno non osavi apprezzare, capisci qual è il senso delle tue radici. Sono nata a Napoli, ma l’ho sempre bistrattata da bambina: ricordo che una volta detestavo le canzoni di Pino Daniele perché non erano nella lingua nazionale, ricordo che una volta avevo paura di passare per i vicoletti chiusi e stretti del centro mentre speravo in grandi spazi aperti, ricordo che una volta non volevo che nessuno calpestasse le aiuole pubbliche perché ce n’erano così poche che non era giusto sciuparle, ricordo che una volta guardavo mio nonno davanti a Totò e gli chiedevo di cambiare canale perché a lui faceva ridere e me no. Sognavo di lasciare una città che imbottiglia i sogni e non li lascia andare, che ti strappa il sorriso nella miseria degli operai e nell’amarezza dei disoccupati, che ti mette all’erta i sensi perché se giri un angolo sbagliato qualcuno potrebbe fregarti. Poi qualcosa è cambiato. La sofferenza è un supplemento gratuito della nostra crescita. E io soffro per la mia città. Ripenso a Troisi, rivoglio un Troisi. Napoli avrebbe bisogno delle riflessioni sospirate di un cantante, dell’ironia intelligente di un attore, della sincerità e della lealtà di un comico che rifacessero splendere il suo sole contaminato da ambigui panegirici politici e snobismi sociali indifferenziati. La cultura e le tradizioni andrebbero protette piuttosto che abbandonate nel dimenticatoio di certe sozzerie che feriscono perfino più della diossina che si respira. L’ignoranza di certe fasce andrebbe colmata con la rieducazione piuttosto che additata mentre si alza il mento con faciloneria. E mi chiedo: dov è la dignità degli italiani? Dov è il loro senso civico e civile se tutti sembrano ostinarsi a lavarsi le mani quando il loro dovere sarebbe far rispettare il loro diritto?