Mirrors and thoughts

ARoma


C'era un bel sole oggi, pronto a illuminare la città e il colosseo, questo mastodonte che inizia a piacermi sempre un poco in più. Sull'autobus c'era un signore, seduto dal lato opposto al mio e in direzione inversa. Mi sembrava familiare, ma non sapevo perché. Mi piace osservare le persone anziane perché mi fanno una tenerezza infinita. Come i bambini. Aveva l'apparecchio per l'udito, quello che dovrebbe mettere pure mia nonna, ma non ho mai capito perché: non l'ha mai messo. Forse non vuole. O forse le basta sentire quello che sente. Il pensiero di mia nonna mi ha strappato un sorriso. Poi l'uomo si è girato per controllare la fermata. E ho visto i suoi occhi chiari. Sembravano quelli di mio nonno. Nonno! Per un attimo mi è sembrato mi mancasse il respiro. Sono stata pervasa da una tristezza infinita e agguerrita. Ho sentito le lacrime montare dal cuore agli occhi. E non avevo gli occhiali da sole per nascondermi. Mi sono chiusa nelle spalle. E in un dolore che spesso ho provato a superare. Quello degli ultimi anni. Quello che i ricordi più dolci riescono a coprire. A volte. Ma la verità è che il dolore non ha scadenze. Resta dentro di noi. E può perfino farci rivivere le persone di cui sentiamo la mancanza. Ho pensato a lui. Cupa nel viso. A quanto ha sofferto. Senza lamentarsi mai. Neanche un istante. Mi è salita la rabbia. Le persone osano lagnarsi di continuo con leggerezza come se il loro lamento fosse leggittimo. Ma non lo è. Poi ho guardato di nuovo fuori. E ho ripreso a sorridere pensando alle castagne nel forno a casa. E a lui che aveva il compito d'inciderle la domenica mattina, dopo che andava a comprare il pane... Perché la verità è che, come la sofferenza, anche la vita è a lunga, eterna conservazione.