Mirrors and thoughts

Le ali dell'emotività


Non lo so che ci faccio quaddentro. Fuori piove e mi è venuta un'improvvisa voglia di mettere nero su bianco certe sensazioni di questi mesi. Poi ho aperto e anziché ritrovarmi in uno spazio a me caro, un luogo intimo nei confini della rete, mi sono disorientata. Non ricordavo neanche più la mia password. Eppure questo blog è uno degli spazi più vitali per me e per la mia vita. In fondo è merito suo se certe riflessioni, frivole quanto profonde, mi hanno fatto percorrere strade in salita... Ho avuto fegato, direbbe un personaggio duro a morire da film. E fin qui nulla da negare, lo confesso: credo nel mio sesto senso più del mio stesso cuore. L'intuito m'indirizza, ma poi sono i sentimenti che mi rincorrono e mi danno la caccia per farmi cambiare idea. Non parlo di grosse decisioni, parlo del lavoro, se così lo si può chiamare. Fin da piccola ho voluto scrivere e ho sognato che la mia scrittura divenisse il mio pane quotidiano rimettendomi a una determinazione che, ecco lo dico, ultimamente vacilla sotto il segno della crisi dei tempi nostri. Sono stanca perfino di studiare le cose inutili di questi libretti accademici, il giorno e la notte fra un impegno e l'altro mentre la mente distratta ha bisogno di un cambiamento che tarda ad arrivare. In realtà quello che vorrei è un miglioramento di questa precarietà ingiustificata. Amo il nostro monolocale e non mi sta stretto. Amo la nostra convivenza e ne sono grata al mio dio ogni giorno. Amo perfino questa città perché ho imparato a conoscerla dai finestrini degli autobus e dalla passeggiate infinite. Amo anche questa me che si è rimboccata le maniche, che vuole fare tutto da sola, che si scopre più forte di quanto credeva di essere. Ma le energie a volte mi mollano la mano e sento uno strano peso sulle spalle. Certo che se mi guardo indietro, ho fatto passi da gigante. Il guaio è che la mia ambizione fa pendant con la mia impazienza cronica. Ho bisogno d'imparare a gestire meglio le direzioni che da sole stanno lottando contro la mia tenacia. Ho bisogno di sentirmi dire che: - ok, che male c'è se pensi che non ce la fai?! Credo che, se lo stomaco mi si stringe sotto il magone che alle fatidiche lacrime mi sgorgano ogni volta alla mia insofferenza, dovrei ripensare il mio percorso e i miei obiettivi. Abbassarmi a terra come dopo una sconfitta e imbronciare la faccia. Prima di ripartire. Come il protagonista de Le ali della libertà. Lasciarsi andare, per poi riprendersi il proprio futuro.