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KISSINGER HA DISTRUTTO L' IRAQ

Post n°854 pubblicato il 09 Maggio 2007 da destraitaliana
 

immagineSTATI UNITI - «Io parlo con Henry Kissinger più che con qualunque altro», confidò Dick Cheney nell’estate 2006 al celebre giornalista Bob Woodward: «Lui viene qui senza appuntamento, penso almeno una volta al mese; ed io e Scooter [Libby] stiamo ad ascoltarlo».
Bob Woodward ha riportato questo particolare nel suo ultimo libro, assai critico su come la Casa Bianca ha gestito la guerra in Iraq, quanto gli altri erano stati laudativi: «State of Denial».
Per la precisione, a pagina 406.
E aggiunge di suo: «Anche il presidente riceveva senza testimoni Kissinger ogni due mesi circa, sì che l’ex segretario di Stato risulta il più regolare consigliere di Bush negli affari esteri» fuori dalla cerchia interna presidenziale.
Woodward ha detto poi di aver ricevuto una telefonata furiosa di Cheney, che lo incolpava di questa specifica rivelazione.
La cosa si spiega: Henry Kissinger non è mai stato annoverato fra i fedelissimi di Bush figlio.
Ha mantenuto una ostentata distanza critica fra sé e i neocon super-israeliti.
In qualche modo, lo si assegna più al gruppo dei «realisti», se non ostili, scettici e perplessi di fronte alla crociata anti-islamica scatenata da Wolfowitz, Perle, Feith e Cheney.
Ha da difendere la reputazione di padre nobile della realpolitik, di metternichiano pragmatico; dispassionato, oggettivo mediatore.
E’ il suo lucroso mestiere da quando ha fondato la Kissinger Associates, che fornisce pregiatissime consulenze a pagamento, a multinazionali ed a Stati, sulle grandi questioni mondiali.
E’ probabilmente per questo che il Vaticano lo ha voluto fra i suoi più influenti consiglieri, e chissà quanto paga per le sue sentenze.
Ora si scopre che Kissinger era vicinissimo a Bush mentre decideva la guerra all’Iraq.
E non per dargli buoni, pragmatici, «realistici» consigli, magari dissuasivi.
Lo si scopre dalla lettura (che ho fatto in ritardo) di un articolo del britannico Telegraph, del 15 ottobre 2006, intitolato: «There was a plan for Iraq, but it was torn up», ossia: «Un piano per la ricostruzione dell’Iraq c’era, ma fu stracciato».
Quell’articolo raccoglieva le amare memorie del generale a riposo Jay Garner: ossia dell’uomo (chi lo ricorda?) che fu messo dal Pentagono di Rumsfeld a gestire, come governatore occupante, il dopo-guerra iracheno.

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Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poichè abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. Noi canteremo le locomotive dall'ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. E' dall'Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo.

 

 

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Luigi Ciavardini, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari, è stato dunque condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d'Appello sezione minori del Tribunale di Bologna. Questa condanna risulta essere, senza mezzi termini, una dichiarazione di guerra preventiva a quella parte degli Italiani non allineata all'interno dei vecchi schemi di cui il Sistema rappresenta la sintesi. All'epoca dei fatti Luigi Ciavardini aveva soltanto 17 anni ed è accusato di avere trasportato fino alla stazione di Bologna l'esplosivo responsabile della morte di 85 persone e del ferimento di altre 200. Quella strage è tuttora il più grave atto sanguinario dell'Italia nata dalla resistenza. Un massacro spaventoso che ha chiuso un decennio di piccole e grandi sconvolgimenti politici e sociali. La strage di Bologna ha sepolto sotto una coltre di morte gli anni più caldi della storia d'Italia. Ma quella strage è servita, soprattutto, a mettere fuorigioco un'intera generazione di Camerati Rivoluzionari che negli Anni 70 ha imposto fieramente la propria presenza nelle piazze di tutto il Paese. Le indagini sono andate da subito in un'unica direzione, quella dell'eversione neofascista. Un intero ambiente è stato criminalizzato e fatto a pezzi dalla meschina paura dei mercanti del Sistema. Terza Posizione è stata smantellata in seguito a questa inchiesta, mentre la storia dei Nar ha avuto un tragico epilogo di sangue ed ergastoli. Si finge di credere a questa pista unicamente per togliere di mezzo lo spettro di una nuova Rivoluzione Nazionale che con il tempo stava prendendo terreno. Francesca Romana Mambro e Valerio 'Giusva' Fioravanti vennero indicati come gli esecutori materiale, tesi che neppure eccellenti nemici politici hanno tuttora il coraggio di sostenere. A Bologna non si è fatta Giustizia. A Bologna non si è cercata Giustizia.

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