ALTAFORTE

DOPO IL REICH


Giles MacDonogh ama la bella vita ed è un esperto di vini e gastronomia, ma in questo libro, inseguendo la sua altra passione, la storia della Germania, serve un piatto che mette alla prova gli stomachi più collaudati. La sua lettura risulta essere particolarmente sgradevole per coloro che non paragonano favorevolmente la disastrosa occupazione dell’Iraq a quella post-bellica della Germania e dell’Austria. MacDonogh afferma che i mesi che seguirono il maggio 1945 non portarono pace tra le fumanti rovine del Reich hitleriano ma sofferenze anche maggiori rispetto alle distruzioni belliche. Le prime 200 pagine di questo libro coraggioso sono un resoconto quasi insopportabile di sofferenza umana che MacDonogh documenta con estremo equilibrio. La sua valutazione è che ben 3 milioni di tedeschi morirono inutilmente dopo la fine ufficiale delle ostilità. Un milione di soldati svanirono prima che potessero far ritorno a quelle che erano state le loro case. La maggioranza di essi morì nei campi sovietici (dei 90.000 che si arresero a Stalingrado, solo 5.000 fecero ritorno), ma molte migliaia morirono come prigionieri degli anglo-americani. Ammassati in recinti lungo il fiume Reno, senza ripari e pochissimo cibo, cadevano come mosche. Altri, un po’ più fortunati, sgobbarono come schiavi in un certo numero di Paesi alleati, spesso per anni. Incredibilmente, alcuni tedeschi erano ancora tenuti prigionieri in Russia addirittura nel 1979. I due milioni di civili tedeschi che morirono erano per lo più vecchi, donne e bambini, vittime di malattie, freddo, fame, suicidi e assassinii di massa. A parte l’ormai noto stupro di ogni ragazza o donna che ebbe la sfortuna di trovarsi nelle zone di occupazione sovietica, forse l’episodio più sconcertante registrato da MacDonogh è lo sterminio di un quarto di milione di tedeschi dei Sudeti da parte dei loro vendicativi compatrioti cecoslovacchi. Continua qui COMEDONCHISCIOTTE