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 Il 16 Marzo 1993 a Roma, un sicario del regime iraniano uccise Mohammed Hossein Naghdi. Nell'anniversario della sua morte abbiamo incontrato Shahrzad, presidentessa delle Donne Democratiche Iraniane in Italia, associazione vicina al Consiglio Nazionale di Resistenza Iraniano, organizzatore della conferenza in ricordo del politico assassinato. Shahrzad ci ha detto solo il suo nome, perché ha paura per la sua famiglia che è ancora in Iran e preferisce mantenere l'anonimato.
D: Ci racconti chi era Mohammed Hossein Naghdi.R: Naghdi era un oppositore del regime iraniano, era stato dal 1979 al 1982 ambasciatore della Repubblica Islamica Iraniana in Italia, dopodiché aveva abbandonato la carica per evidenti contrasti con Teheran, aveva già perso un fratello per mano della polizia iraniana e al momento dell'uccisione viveva con una donna italiana. Aveva 42 anni, aveva la protezione, ma il 16 marzo 1993, giorno del suo assassinio, la scorta non era al completo.D: C'è stato un processo? E come si è risolto?C: Sì, c'è stato un processo che per quanto non sia riuscito ad individuare l'esecutore materiale, ha indicato chiaramente come mandante il regime di Teheran. Per noi questa è una grandissima vittoria.D: Parliamo del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana. Che cos'è? Quali sono i suoi rapporti con il governo italiano?R: Il Consiglio è inserito fra i movimenti terroristici, o per lo meno fra quelli ritenuti tali dall'Unione Europea. Ovviamente in quanto movimento terrorista non può avere rapporti ufficiali con il governo, ma ha rapporti con moltissimi parlamentari.D: Parlamentari di che orientamento politico?R: Più o meno di tutti gli orientamenti, da destra a sinistra. C'è da dire però che anche il nuovo esecutivo di sinistra, che pensavamo sarebbe stato più attento alle nostre tematiche, non ci ha rivolto più attenzioni del precedente.D: Quali sono i vostri rapporti con l'Ambasciata Iraniana?R: Non abbiamo nessun tipo di rapporto.D: Com'è possibile che siate considerati un movimento terrorista, dal momento che dei giudici in Italia (la Corte di Assise di Roma) vi hanno dichiarato, nel 2006, vittime di “una programmazione istituzionale della eliminazione, nell’ambito di una sistematica campagna di annientamento degli oppositori colpiti da una ‘fatwa’ religiosa che legittima una scelta istituzionale/politica”, come si legge nella sentenza?R: Come ha ricordato durante la conferenza, anche l'avvocato Paolo Sodani, avvocato del dossier Naghdi, questa è una contraddizione in ogni senso, dovuta al fatto che nella compilazione della lista dei movimenti terroristici, si tiene troppo conto dei rapporti economici che legano Europa e Iran e non si dà la possibilità di presentare una documentazione tesa a dimostrare di non essere terroristi.D: Cioè?R: Citando ancora le parole dell'avvocato Sodani, se da una parte si denunciano i soprusi e il comportamento dell'Iran, dall'altra parte, per non rovinare i rapporti fiorenti che legano le due economie, si inserisce la principale forza di opposizione fra i gruppi terroristici, con tutto quello che tale inserimento comporta. C'è uno scollamento fra le belle parole e le giuste azioni.
D: La situazione è migliorata o peggiorata da quando Ahmadinejad è salito al potere?R: La situazione è peggiorata ma non in maniera incredibile. Anche al tempo di Khatami non c'era di che rallegrarsi. Il problema è che queste sono solo pedine nelle mani del regime e dell'ayatollah Khamenei. Serviva un personaggio più conservatore ed è stato scelto Ahmadinejad, tutto qua. Le elezioni non sono libere, basta osservare come siano stati esclusi moltissimi candidati, apparentemente senza motivo.Il Direttore