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Ritorni


"Ti piace guardare la linea dove mare e cielo s’incontrano e si respingono?Riempiti gli occhi di bellezza, scruta la linea dell’orizzonte ed il golfoche pare una mezzaluna di smeraldo circondata da case bianche e muretti tirati su a caso, da cui spuntano ciuffi di erba disordinati e vigorosi.Vedi le tonalità del mare? La gamma di verdi che cambiano d’intensità quando la luce del sole li accende; l’azzurro che tende al blu, fino a perdersi in una tonalità decisa ed uniforme. Il celeste di questo cielo senza nubi,quasi astratto e lontano dal tempo."Il molo di pietra antica e gli scogli come una mano che prolunga un braccio.Tu sei seduta su una pietra e parli, mi parli del mare, della tua casa e dei tuoi figli.Io ti indico un punto lontano, immobile, da cui esce uno sbuffo esile difumo. “E’ una nave, chissà dove va”.Anche i figli, chissà dove vanno. Anche se stanno con te, sembra che nonci siano, che seguano orbite di cui solo loro conoscono direzione e senso.Le parole che usiamo per dipingerli, per colmare il nostro affetto sonocome reti dalle maglie troppo larghe, sono istantanee scattate da  un veicolo inmovimento.“E’ ancora vivo per miracolo, per due anni gli sono stata accanto e non sapevo se si sarebbe ripreso. Adesso sta bene, ma mi sento svuotata”Ti regalo episodi del mio passato. L’America, gli spazi ampi che desidero,la mia voglia di altrove, gli amici che si sono persi e quelli che ho ritrovato,ne parlo con tono sommesso, guardandomi intorno, come se temessidi essere smentito da qualcuno, mentre il sole si abbassa e una brezzapungente ci fa rabbrividire e chiudere i vestiti invernali di questofebbraio  che non si decide ad annunciare la primavera.Adesso mi guardi di sottecchi e mi sorridi. Cingi le gambe tra le bracciae il tuo cappotto pare uno strascico che copre il masso su cui siedi.Mi alzo ed accarezzo il tuo collo percorso da rughe sottili.“Salutiamo il mare, chissà quando potrò rivederlo”.Ci allontaniamo con le mani in tasca, verso la città vecchia. Il duomo, il castello, la tua automobile, l’hotel.  Mi prendi sotto braccio e mi chiami “ragazzo”.  Mi volto verso di te e ti abbraccio così forte da sentire le articolazioni del tuo corpo che ti modellano come una colonna. Eludi il mio bacio. Nascondi il volto tra il mio collo e la spalla. Stiamo così, in mezzoalla strada, scansati dai pochi passanti che ci guardano curiosi.Solo a quel punto avverto la tua mano che mi mette in tasca una scatola nera. Contiene una pietra di ossidiana a forma di cuore.“Portalo con te, ti recherà  fortuna”, mi dici mentre la luce del giornodiventa tremula ed incerta.    Writerhttp://www.writer-racconti.org/