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I figli degli uomini


2027. Da 18 anni l’umanità è condannata alla sterilità, dal 2009 non nascono più i bambini. Il più giovane abitante del pianeta – un ragazzo di 18 anni,  figlio di due proletari di Buenos Aires- viene ucciso in una rissa, all’uscita di un locale. Il mondo intero ne piange la fine come se, insieme a lui, fosse scomparsa la speranza di un futuro. Così inizia  I figli degli uomini (Children of men), il terzo film del regista messicano Alfonso Cuarón, tratto dall’omonimo romanzo di  P.D.  JamesIl mondo del 2027 assomiglia a quello di oggi: inquinamento e devastazione ambientale,  terrorismo islamico  e di gruppi  militanti, schermi televisivi e dispositivi satellitari  persino negli autobus londinesi, gigantesche sacche di povertà e di emarginazione,  ma soprattutto una feroce lotta all’immigrazione clandestina. Gli immigrati vengono rinchiusi in gabbie, sorvegliati da poliziotti armati, sono ammassati in centri di espulsione, giustiziati in modo sommario, una pubblicità martellante ricorda che è “reato dare da mangiare, bere, ospitare, proteggere i clandestini”. La Londra del 2027 ricorda, per certi versi, le atmosfere di Blade Runner, gli stessi megaschermi, l’identico clima plumbeo e livido, anche se i protagonisti del film non sono androidi, ma la massa sterminata di derelitti che viene cacciata dai confini del Regno Unito e che simboleggia la fine del sogno dell’integrazione multirazziale.  Dentro questo scenario fosco, da autunno del mondo,  il protagonista Theo (l’ottimo Clive Owen) viene rapito da un gruppo terrorista che sostiene i diritti degli immigrati e costretto a richiedere a un suo amico del governo un “permesso di transito” per una giovane donna di colore di origine africana. Stretto tra i  gruppi fondamentalisti, la polizia e le tribù di teppisti che imperversano nel sud dell’Inghilterra, il protagonista scopre ben presto la sconvolgente verità: la donna è incinta, il futuro del mondo è affidato, come nei suoi esordi, a una donna nera.Insieme cercheranno di fuggire verso un problematico approdo, mentre intorno a loro la rivolta e gli scontri tra polizia e insorti tocca un parossismo di violenza e assume le caratteristiche di una guerra civile.“E' stata una scelta molto cosciente: volevamo che l'unica donna al mondo a potere concepire un bambino fosse nera, di estrazione umile e africana”, ha affermato il regista in un' intervista.Non intendo svelare il resto della trama e gli esiti del film. Mi è parso un apologo ben costruito sull’ “inverno prossimo venturo”, con un linguaggio cinematografico secco ed essenziale e una sceneggiatura  serrata e avvincente.Insieme a Iñarritu (Amores Perros, 21 grammi, Babel), Cuarón  rappresenta un esponente di primo piano del nuovo cinema messicano, un cinema capace di  interpretare in modo non  convenzionale le angosce del presente, al di fuori degli schemi dell’industria di HollywoodWriterhttp://www.writer-racconti.org/