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Sopravvivendo al Ferragosto


Per chi rimane a casa il Ferragosto o comunque non chiude il blog  “per ferie”.  Scrivete anche voi un breve testo sul tema del  “sopravvivere al Ferragosto”. O almeno date un segno di vita ;-)  
  Il vuoto. Il caldo. Ore lente. “Blog chiusi per ferie”, come la panetteria d’angolo. Camminare un chilometro per trovare le sigarette. La rete piena di buchi, come quella di un pescatore povero. Ti svegli al mattino che è già pomeriggio. Un caffè,  un’occhiata alle colline, al cantiere che occupa due delle tre corsie della strada. La televisione spenta. Troppo presto. In bagno a guardare la propria faccia consunta da troppi sguardi. Acqua sul volto, sul collo, sul petto, illusione di refrigerio. Il parco polveroso davanti. Il corso vuoto. Poche automobili distratte e terrorizzate ferme al semaforo.Il computer. Breve lotta interiore. Premere  con il piede il pulsante dell’accensione. La ricerca delle sigarette, mentre lo schermo prende vita. Password d’ingresso. Uno sfondo di lagune e vulcani come una promessa beffarda. Un click e sei dentro la rete, questa rete piena di buchi, di assenze, che assomiglia alla strada, alle colline immobili, al corso vuoto, ai negozi chiusi, alla sospensione del tempo, alle ore che passano inerti, prive di spessore. Libero, la classifica, la posta. Tre mail di spam e una newsletter insensata di una rivista trozkista. Il blog. Un commento di saluti, 32 pagine viste in otto ore, messaggi in bottiglia da altre solitudini, da altre città vuote, calde e lente. Tre click, fuori dalla rete. Il parco, una birra, il fiume,  guardando  la debole corrente che lo percorre. Uno straccio di contentezza che affiora, ricacciato indietro dal sudore e dai moscerini. Alberi immobili, riflessi tremolanti sull’acqua. Una dozzina di romeni intorno a una tavolata  di birre grandi, almeno trenta bottiglie. Ridono e si danno di gomito, indicando qualcosa d’invisibile.  Due bici si dirigono verso il castello medioevale, al rallentatore. L’orologio. Le 18 e 20 del 15 agosto. Il sole obliquo che sbatte in faccia.Camminare  attraversando il giardino del Valentino, macchie di fiori dai colori sgargianti, salici, anatre che nuotano pigramente nello stagno artificiale, bambini che offrono popcorn, un cigno  che allarga le ali  e le agita a vuoto, come se volesse liberarle da polvere e terra. La macchina, le strade verso casa, mentre la luce declina. Le 20 e 30, un chiarore rosato incornicia le nuvole, il profilo delle montagne, i brutti edifici della periferia. L’ascensore, l’appartamento, la televisione. Un’altra birra bevuta direttamente dalla bottiglia, il cellulare che riposa su un mobile, una sigaretta brucia  nel portacenere azzurro. Un film già visto. Mi guardo intorno, mentre il buio invade il salotto di casa. Accendo una lampada, mi siedo sul divano. Rimango a guardare le immagini in movimento.  Mi chiedo se questa sia la gioia perfetta… Writeril mio sito