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Morte e distruzione alle foci del Gange


Venite con me,  vi porterò in un paese magnifico e atroce. Un paese che nasce sul delta immenso  di due fiumi sacri, culle di una civiltà luminosa,  il Gange e il Brahmaputra, che si diramano  in  una fitta rete di duecentotrenta fiumi minori. Un paese fatto di pianure alluvionali, canali,  laghi, lagune, isole di mangrovie, grande come l’Italia settentrionale, ma popolato da 150 milioni di abitanti, mille persone rinchiuse in un chilometro quadrato.  Un paese di una bellezza straordinaria,  minacciato dall’effetto-serra che rischia di far scomparire un quinto delle sue terre e l’esistenza di settanta milioni di cittadini.  Un paese con un ecosistema splendido e fragile, soggetto alle inondazioni dei fiumi e a uragani che spazzano via  come  fogli di carta capanne fatte di legno e  frasche di palma, case costruite con materiali di fortuna, con l’acqua che lambisce i tetti delle abitazioni e i corsi d'acqua impazziti che trascinano via corpi umani, bestiame, tralicci della luce, mezzi di trasporto. Già nel novembre del 1970, un disastroso ciclone ha provocato più di trecentomila morti e inondato  i due terzi del territorio. Un  paese che sembra destinato a convivere con le catastrofi, dove i morti si contano a migliaia, non fanno impressione, non suscitano pietà o costernazione, ma al massimo un moto di disgusto come quello che si prova davanti al cadavere di  una vacca gonfio d’acqua che galleggia su un corso di detriti.  Eppure diecimila morti, tale è il numero di vittime di questi giorni, riempirebbero di corpi dieci campi di calcio, formerebbero una fila di 20 chilometri di donne, uomini, bambini straziati. Pensiamoci un attimo, prima di voltare la testa altrove, è la popolazione di un intero quartiere di una nostra città. Poi ci sono i feriti, gli sfollati  (quasi due milioni di persone costretti a sopravvivere in campi dove manca tutto), i traumatizzati, le persone che si ammalano e muoiono di dissenteria, di tifo, di colera, di fame, di sete, di stenti, di dolore. Pensiamoci un attimo, prima di voltare la nostra testa altrove, prima di usare il cinismo consueto di chi dice “è sempre stato così, gli aiuti vengono divorati dalle burocrazie locali, da organismi inefficienti, da politici corrotti”. Ci sono organizzazioni serie, affidabili che si stanno mobilitando come “Medici senza frontiere” , la Caritas  (cliccare su “Bangladesh”, appaiono le modalità dei versamenti e delle donazioni), il coordinamento delle O.N.G. italiane. Si può anche versare un euro con un sms al 48581, un modo rapido di contribuire.  Non si tratta di mettere a posto la coscienza, ma di dare un aiuto concreto a popolazioni che vivono una difficoltà estrema. Diamoci da fare, non voltiamo la testa altrove. WriterAlcuni blog che hanno parlato dell'uragano in Bangladesh:Art.11AmisnetFilippo GalluzziGennaro CarotenutoIl punto di vistapoesia infinitaParzialmente scrematoFelipegonzales da PraticioMusica e altroFotografia dalla A alla ZPor la carreteraPensare in un'altra luceOmnia munda mundisFreedom libertà di parolaCharlieBrown01