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Rivolta e massacri in Tibet


Più di cento morti, la capitale del Tibet (Lhasa) blindata da uno schieramento di polizia ed esercito impressionante (vedi il video),  sparatorie da auto in corsa contro manifestanti o semplici cittadini tibetani, stato di emergenza decretato nelle principali città del Tibet, ultimatum rivolto ai dimostranti (consegnarsi entro lunedÌ o venire repressi spietatamente),  la televisione cinese che trasmette le immagini della rivolta, ma non della bestiale repressione (vedi le foto della rivolta popolare),  i principali monasteri del paese controllati “manu militari” dalle forze di polizia cinese, due monaci del monastero di Drepung  si sono dati fuoco e lottano tra la vita e la morte e un terzo è morto per protestare contro la repressione di un intero popolo, l’intera comunità internazionale protesta inascoltata dal governo cinese. Questo è il quadro della situazione in Tibet tra ieri e oggi, in conseguenza delle proteste popolari innescate dal quarantanovesimo  anniversario della rivolta contro l’occupazione cinese in Tibet.Il Delai Lama  ha invitato sia i cinesi che i suoi fedeli ad evitare ogni violenza, ma la situazione sembra fuori controllo ed esposta ai rischi di un brutale peggioramento (per quanto è possibile parlare di “peggioramento” in un paese investito da una massiccia e bestiale repressione).In India, la “marcia del ritorno”, partita da Dharamsala (sede del governo in esilio del Tibet) il 10 marzo scorso per raggiungere il confine cinese in occasione delle Olimpiadi,  è stata fermata dal governo indiano e i partecipanti arrestati. Ma  lunedì prossimo altri 44 tibetani  partiranno, per raggiungere la città dove sono detenuti i loro compagni.Il mondo protesta, ma la decisione degli U.S.A. di declassificare la Cina nell'elenco dei paesi che violano i diritti umani, rende la posizione del governo cinese meno indifendibile ed è stata anche uno dei fattori scatenanti la rivolta, come è emerso da numerose conversazioni telefoniche avvenute tra giornalisti e tibetani residenti a Lhasa. La protesta tuttavia non si ferma: per il secondo giorno consecutivo centinaia di residenti del villaggio di Nyangra a 50 chilometri dalla capitale sono scesi in strada per protestare contro la repressione dei monaci di Sera, uno dei più grandi monasteri del Tibet; la gente è scesa in piazza a Shigatse, sede del grande monastero di Tashilungpo del Panchen lama, la seconda figura del buddhismo tibetano dopo il Dalai.Chi volesse seguire l’evoluzione della situazione e le proteste della comunità internazionale, può consultare il sito degli “studenti per il Tibet libero” o quello di Tibet.net (sito del governo in esilio).Questi sono alcuni dei blog che si sono occupati in queste ore della repressione in TibetSosteniamo la resistenza tibetana! Questo blog cammina con loro!