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Mendulas


Memorie di un viaggio in Sardegna, nel comune di Villanova Monteleone. Un luogo magnifico...
E' da mezz'ora che giriamo intorno all'abitato di Villanova Monteleone, ma non riusciamo a scorgere traccia dell’ agriturismo che costituisce la nostra meta. Il paese è adagiato come un presepe multicolore su una collina e ne occupa quasi la sommità.Proviamo a ritornare verso Ittiri, da dove siamo venuti, ma non troviamo nessuna indicazione utile. Chiediamo ad alcuni ragazzi che chiacchierano sul ciglio della strada.  Fermo una macchina che sbuca da una stradina bianca persa in mezzo alla campagna e chiedo al conducente se conosce l'agriturismo. "Seguitemi, non è distante".Lambiamo il paese, giriamo a sinistra, scorgiamo una costruzione alta come un condominio di quattro piani, forse un caseificio.Più in là, un cartello non più grande di una cartolina, su cui c'è scritto "Mendulas". E poi la stradina che s'inoltra verso una valle punteggiata da alberi, così ampia che lo sguardo l'abbraccia a fatica.  Adesso la strada è diventata un cumulo di ghiaia disposto in modo irregolare, occorre seguire i solchi tracciati da altre vetture. "Continuate dritto, io devo dare da mangiare al bestiame". Davanti a noi una meseta, una montagna tronca che termina con un altopiano così regolare da sembrare squadrato con strumenti meccanici. Ancora un paio di curve ed arriviamo nel cuore della valle. Da un lato, un'estensione disordinata di montagne, rilievi, creste e avvallamenti che sembrano rincorrersi fino all'orizzonte; alla nostra sinistra campi che salgono dolcemente verso colline scabre e rocciose. Un cancello e una costruzione color albicocca posta nel centro della campagna. Fa fresco, stranamente, l'aria frizzante richiama l'inizio della primavera. I girasoli collocati intorno alla costruzione sembrano incerti, non sanno dove dirigere le loro corolle, appaiono come persone che si guardano la punta delle scarpe. Scendiamo, i gestori si avvicinano cordiali. "Come è andato il viaggio? Venite, accomodatevi". Ci ritroviamo seduti su poltrone di vimini a bere un bicchiere di mirto fresco e profumato e a guardare le greggi di pecore che pascolano indolenti. Un cavallo bianco, dietro la staccionata, mangia l'erba che cresce rigogliosa davanti alla casa. "Qui abbiamo acqua in abbondanza, ci sono molte sorgenti e invasi artificiali. Ti piace il cavallo? Se vuoi, te lo faccio montare uno di questi giorni". Mio figlio vorrebbe mettersi a ballare dalla contentezza, smette per un attimo di giocare con i gatti che gli passeggiano addosso, l'idea della cavalcata lo rende felice.Portiamo i bagagli in camera, una stanza spaziosa che s'affaccia sulle colline e le querce, e sento affiorare quella sensazione che mi assale quando incontro un "mio" luogo: una mescolanza di solennità e serenità interiore, la fine della ricerca, dell'insoddisfazione che mi morde come un tarlo dall'interno. Quando andiamo a cena, ci viene servito un piatto di antipasti che mi pare buono e abbondante. Ma è solo il primo di una serie che comprende le melanzane al formaggio, le tortine di spinaci, gli sformati di piselli. Arrivo al secondo con una sensazione di sazietà provata solo ai pranzi familiari di natale. Quasi barcollo verso il patio, mi accendo una sigaretta e mi butto sul divanetto rivestito di cuscini.Attacco discorso con il proprietario, Giovanni, che mi racconta scampoli della sua vita. Per trent'anni è stato  maestro della scuola elementare, poi ha deciso di cambiare e vivere a contatto con ciò che ama. La campagna, i cavalli, la selezione dei puledri migliori per i concorsi a ostacoli, l'orto biologico, l'accoglienza di un piccolo numero di ospiti che formano una sorta di secondo cerchio famigliare, disperso nel nord Italia e nell' Europa centrale. Di lui mi colpisce la disposizione all'ascolto, l'intelligenza concreta e la prontezza nel rispondere. Arrivano il mirto e l'acquavite, beviamo e parliamo mentre la notte sembra sigillare la valle in un cofanetto di ebano punteggiato di segni luminosi ed evanescenti. Si sono aggiunti al cerchio due giovani di Padova, arrivati da un paio di giorni e le nostre parole rincorrono passato e presente. Il passato è, in qualche modo, illuminato dal presente, dal desiderio di prolungare la notte di parole, di bevande forti, di voglia di dire, di comunicare, di aspirare il fumo e di ascoltare i suoni di questo luogo di silenzio. ***  Dieci giorni passati al Mendulas: le spiagge sabbiose o rocciose, i cavalieri acrobatici, i campi di grano, gli altopiani di questa terra magnifica, dagli orizzonti ampi e i rilievi tormentati, le stradine di Alghero dai nomi catalani, una  scogliera altissima che termina in una roccia piatta cosparsa di ricci e telline e lambita dal mare, dentro cui ci si tuffava con il piacere erotico di essere accolti in un utero fresco, gli spostamenti in automobile alla ricerca di anfratti di costa o di paesi antichi e sconosciuti, un legame che giorno per giorno si è rafforzato, è diventato tangibile, ha reso migliori i nostri giorni.  Abbiamo promesso a Giovanni e Maria di tornare. Nel momento in cui ci congediamo e li abbracciamo con forza, so che manterrò fede al mio impegno e saluto la valle con un gesto che unisce cuore e mente in un solo movimento lento.Writer