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Da Managua a Livingstone


Pubblico un frammento di "Diecimila e cento giorni". Il protagonista, terminato il biennio di lavoro come cooperante in Nicaragua, intraprende un viaggio che, attraverso l'Honduras, lo porta sulla costa atlantica del Guatemala, nella cittadina di Livingstone.
Livingstone, che posto strano. Casette  di legno povere e tranquille, poche strade  gibbose, pavimentate da  pietre irregolari disposte al centro,  che scendono leggermente verso il mare. Un mare dei Caraibi dimesso e poco appariscente, piccole spiagge dal fondale melmoso bagnate da un'acqua poco profonda e dai  colori incerti. Il paese è piccolo, affacciato tra  il mare e l'estuario del Rio Dulce, un fiume splendido che, qualche chilometro più a monte, passa attraverso un canyon spettacolare,  due rilievi alti tappezzati da una fittissima vegetazione, formando  un corso d'acqua verde  che scorre rapida.  Nella comunità, abitata in maggioranza da persone di colore  che parlano inglese, si respira un clima rilassato e  sonnolento. Vedo passare qualche residente in bici, con calma, dirigendosi verso una casa vicina o i campi coperti da una vegetazione tropicale rigogliosa. Sono arrivato  qui via mare da Puerto Cortéz, dopo aver girato un paio di giorni con indifferenza nel centro  bollente, sporco e caotico di San Pedro Sula  Anche qui fa caldo, un caldo umido e avvolgente, ma, ogni tanto, arriva  una folata di brezza fresca che le case di legno con veranda accolgono a finestre spalancate.  Ci sono molti "rasta", mulatti con i capelli lunghi intrecciati,  come in Giamaica. Pochi turisti, per fortuna, che arrivano dal fiume, si fermano un paio di ore nel paese e ripartono dopo aver scattato una salva di foto. I prezzi sono bassissimi, ho affittato una  palafitta per otto quetzales al giorno, poco più di un dollaro e cinquanta. Mi  è sembrato un buon posto per riposare e mettere a punto le fasi successive di questo viaggio che assomiglia più alla ricerca di una residenza  immaginaria che a uno spostamento attraverso le bellezze del Centroamerica. Disteso su un'amaca, lascio che i pensieri seguano il loro corso e fluiscano con un ritmo lento. Mi piace il Guatemala, mi sembra un luogo abitato da gente dolente, schiacciata dal peso di troppe dominazioni, ma bello e dolce, di una bellezza intensa ed estenuata. Ripensando al mio soggiorno a Managua, lo sento vivo dentro di me, ma sono più proiettato verso il futuro, verso un percorso possibile in questo continente materno e generoso. Domani vado a visitare un luogo che mi hanno raccomandato, una cascata che forma un insieme di laghi e di pozze di altezza diversa. Mi hanno detto che l'acqua è fresca e la vista sul mare uno splendore. Ma adesso ho solo desiderio di dondolarmi con lentezza, accendermi una sigaretta e spiare il profilo delle case e della campagna al mio fianco.  Writer