Writer

Intermezzo


Questo è un testo scritto in un momento particolare, in una condizione di transizione e passaggio. Dedicato a tutti coloro che odiano lo stakanovismo...   :-) tratto da "Sguardi"
"Il numero selezionato è inesistente", non si riesce a telefonare. La connessione a Internet non funziona, nessuna possibilità di ricevere mail di lavoro. Il fax è una promessa che forse si concretizzerà tra sei mesi. C'è solo una stanza con una scrivania, due sedie, un computer, una stampante, un lavandino e un balcone. Bello, il balcone. Si affaccia su una via tranquilla vicina al centro, con palazzi di stili differenti che accompagnano lo sguardo fino al fiume. Neanche tutti i file sono stati copiati nella mia "directory", ne mancano alcuni importanti come il report sulla ricerca con i minori "a rischio" e il progetto di valutazione dei costi/benefici dei servizi territoriali. Dovrei essere contento, ma sento una strana abulia che mi possiede. Per la prima volta in quattro anni abbiamo una stanza nostra, tutta nostra, un luogo dove poter lavorare senza essere continuamente disturbati dagli operatori che si riuniscono, entrano, stazionano, chiacchierano tra di loro, telefonano, guardandoci come intrusi, come una presenza ostile che occupa una spazio di loro proprietà.Eppure non sono per nulla felice. Forse la "resistenza al nuovo", forse la scomodità della nuova sede (mancano tutti i documenti cartacei, i progetti, i resoconti dei corsi di formazione, le pubblicazioni e le riviste), ma i miei unici desideri sono quelli di andare in un luogo di mare, svegliarmi alle dieci del mattino, fare una colazione lenta leggendo il giornale e guardando distrattamente la spiaggia e decidere se tornare a letto o camminare pigramente sul bagnasciuga.Sento che questa mancanza di energia è una costante che ho dovuto misurare spesso nel corso della vita e ha segnato momenti significativi, condizionando le scelte e facendomi smarrire opportunità importanti. Mi chiedo però se si possano definire "importanti" situazioni che non interessano per nulla, vissute come fastidiose complicazioni o faticosi doveri. Poi penso che questa apatia è dentro di me, un freno che rende torpide le azioni e aumenta l'attrito con la superficie della vita. Anche adesso, dovrei mettere mano a schede e protocolli, concentrarmi su un lavoro che, visto dall'esterno, non sarebbe neanche sgradevole e vacuo, ma preferisco rimandare, prendere tempo, come se il tempo fosse in grado di prendere una decisione per me, mi consegnasse una soluzione, mi dicesse "adesso è il momento, datti da fare". Eppure so che un moto di volontà mi farebbe bene, mi consentirebbe di uscire da questa palude in cui affogo la mia esistenza, costituirebbe un punto di svolta provvisorio che renderebbe il pomeriggio meno inutile e vuoto.In questi momenti percepisco il giorno come un'entità amorfa e indecifrabile, arrotolata su se stessa, quasi un alfabeto estraneo che altre persone sanno leggere e piegare alle loro esigenze, ma che io non riesco a comprendere. Lo sforzo di interpretarlo mi porta a una condizione di rassegnata fatica, simile a quella di una macchina che procede in prima per superare un territorio impervio e sconosciuto.Anche in amore è uguale. Dopo l'euforia della scoperta iniziale, mantenere la relazione m'appare come un'operazione tormentosa e la pienezza dei corpi, del desiderio e dell'attesa si trasforma in un groviglio di comunicazioni insensate e di sterili recriminazioni. Il desiderio si alimenta di pieni e vuoti, ma il senso del pieno non mi appartiene, se non per momenti effimeri che provocano desiderio di pace e lontananza più che nuove impulsi di condivisione, di comunione con l'altro.In realtà, aspiro a un "altrove" seducente proprio perché indefinito, qualcosa che si colloca in un luogo diverso dai posti comuni e che si definisce negativamente come un "non qui", "non adesso", "non queste cose". Il risultato è una perenne insoddisfazione che mi spinge verso mete chimeriche, volute e perseguite per la loro inesistenza, per la loro radicale differenza rispetto all'universo abituale.Basta, adesso è arrivato il momento di lavorare, di produrre.Ma prima ho voglia di affacciarmi al balcone e fissare la strada, i negozi, le automobili che transitano, i passanti, la vita che scorre incurante. Un ambito che mi è estraneo, lontano, anche se dovessi scavalcare il davanzale e buttarmi a braccia larghe sull'asfalto. Writer