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L'incontro


“Le otto e venti del mattino. Adesso un sole gelido filtra tra le chiome dei larici. La temperatura è di 3 gradi, deviazione per Lappeeranta, due ore di strada per arrivare  al confine con la Russia;  Lahti è dritta davanti a me, a poco più di un’ora. Giro a sinistra, mentre una voce allarmata mi dice “torna indietro, torna indietro”, procedo rapido verso  Leningrado, allucinando le algide prospettive  della Nevskij. Cento chilometri all’ora, centoventi, centotrenta. “Torna indietro, torna verso la tua meta.”Centoquaranta, centocinquanta.“Sei ancora in tempo, riprendi la tua strada.” Centosessanta. Ignorare Miettinen, grasso e albino, dimenticare il lavoro, la catena delle destinazioni obbligate,  andare, andare avanti veloce fino all’esaurimento del carburante, scendere dalla vettura lasciando lo sportello aperto, correre a perdifiato su sentieri innevati desiderando di essere inseguito da un branco di lupi impegnati a dilaniarmi il cuore e il volto  con denti aguzzi di  fame antica”.La sala è piena. Mentre leggo il brano del racconto che ho selezionato guardo in faccia i  partecipanti alla presentazione. Cate è seria, concentrata. Ci siamo incontrati in libreria un quarto d’ora prima e l’ho abbracciata forte, riconoscendola immediatamente (è identica alle foto sul suo blog). Marinella mi scruta attenta, due colleghi sono appena arrivati e si guardano intorno per riconoscere volti famigliari, in fondo una fila di persone che non conosco, mio figlio è sulla sinistra insieme a due amici.  C’è un silenzio spesso, quasi udibile, termino di leggere, riprendo a parlare del romanzo, della sua trama, dei segnali di riconoscimento che il protagonista trova nei “racconti del ripostiglio” e che sembrano descrivere episodi del suo passato. Cedo il posto a sedere a  Graciela che legge due brani, tratti da “Parole smarrite” e “Bellas Artes”. Cate conclude leggendo in modo impeccabile un frammento di testo in cui il protagonista del romanzo ritrova i propri ricordi di giovinezza. Un applauso e ci ritroviamo fuori, dedico un po’ di libri, chiacchieriamo a crocchi, ci avviamo verso il pub. Pioviggina, come succede ormai  con regolarità da tre settimane. Pieghiamo verso piazza Carignano, faccio vedere a Enrico e Cate uno dei palazzi più belli di Torino. Davanti alla birreria incontriamo Blop e Micky. Blop è un uomo di 50 anni che ha lo spirito di un giovane di 30. Micky è una bella donna dal sorriso luminoso.  Dico a Blop “mi sembri più freak di quanto avevo immaginato”. Lui sorride, annuisce. Entriamo e occupiamo un tavolo d’angolo a “elle” dove ci sediamo in diciassette. Sono in mezzo ai miei amici bloggers e davanti ci sono dei colleghi del Ser.T. Penso che la disposizione al tavolo è una rappresentazione fedele della mia vita, divisa tra famiglia, lavoro e web e animata dal piacere della scrittura. Ordiniamo bottiglie di vino, antipasti di pesce, piatti di polipo o spaghetti allo scoglio. Alessandro, un collega medico, ci fa sganasciare dalle risa raccontando storie che non posso riferire per non comprometterlo. Il vino rende la conversazione più brillante, ma non ce ne sarebbe bisogno, la tavolata eterogenea che ho riunito appare animata dal desiderio di condividere parole, esperienze,  comunicazione e scambio. Micky mi parla del Perù, Cate del suo matrimonio e della sua condizione attuale, Enrico del carattere dei toscani. Blop, verso la fine della serata, regala a ciascuno di noi un suo libro di poesie intitolato “lo scrigno”. Leggo una poesia a caso, mi sembra molto bella. Gli dico che assomiglia a una poesia di Pavese. Lui mi risponde serafico che preferisce Prevert. Sono ormai le 11;30 quando ci salutiamo con strette di mano, abbracci e parole di augurio, come una tribù che si è ritrovata dopo molto tempo e che non ha fretta di  disperdersi nuovamente.Il giorno dopo, insieme a Cate, Enrico e Bruno che ci ha raggiunti a casa mia, percorriamo la Torino “barocca”: Piazza Castello, il Palazzo Reale, Via Po, la Mole e, alla fine, il museo del Cine. Sono ormai le quattro e mezza del pomeriggio quando congediamo i nostri amici fiorentini, consapevoli che la parola “amici” non è un modo di dire, ma descrive l’avvio di un legame reale.Writer