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Flame sperimentale II (seconda parte)


Passo un giorno d’inferno. Lacerato dall’indecisione che aumenta a misura che l’appuntamento s’avvicina. Mi costringo a perdere il treno. Mancano tre ore all’incontro. Mi ritrovo, senza averne consapevolezza piena, su un taxi ad urlare concitato “A Fiumicino, in fretta, in fretta, per favore”.Entro nell’aeroporto correndo, cerco un aereo per Milano. Niente, tutto occupato.Mi dirigo verso il terminal dei voli internazionali, batto i pugni come un ossesso al banco della Lufthansa, dell’Iberia, della KLM. Ritorno verso le partenze nazionali, vado ad informarmi presso una compagnia dal nome sconosciuto.Solo posti in prima, grazie per favore, fa settecento euro, Dio la benedica, dico proprio così, correndo verso il check in con il biglietto che sventolo come un salvacondotto in una zona di guerra. Salgo, decolliamo, arriverò a Linate venti minuti prima dell’ora fissata. Con un taxi e senza troppo traffico ce la faccio. Atterriamo con sette minuti di ritardo. Esco dall’aeroporto livido e contratto, guardato con sospetto da due vigilantes interni. Salto su un taxi senza rispettare la coda, mettendo in mano al taxista un biglietto da cento euro ed urlando “si muova, vada, tra 9 minuti devo arrivare in centrale”.Mi guarda come se fossi un mentecatto, farfuglia un’imprecazione che non afferro, si slancia con rapidità verso la città. Sono le 14 e 52, c’è poco traffico, grazie al cielo. Arriviamo miracolosamente Alle 15 o 06. Salgo i gradini a quattro a quattro, con una sensazione di asfissia imminente, arrivo al binario 16.Tanta gente che transita, che si sposta trascinando valigie con rotelle o carrelli per borse, qualche crocchio di nordafricani, il casino, impersonale e indifferente,di sempre.Mi guardo intorno e non vedo nessuno che risponda all’immagine che mi sono fatto di Erosia.Cammino nei binari adiacenti, torno indietro per timore che arrivi e vada via. Niente.Sono le tre e quindici quando si avvicina una ragazzina di forse 14 anni, che mi guarda e mi domanda tranquilla “Sei Andrea ?”. Rimango sbalordito. “E tu ?” :”Lo sai chi sono”. “No, non so chi sei”.“Guarda, allora” e mi consegna il testo della mail che mi ha inviato. Solo il finale è cambiato. Invece del suo nome, leggo, a caratteri cubitali, una frase che mi esplode nel cranio come frammenti di granate, “HO VINTO IL GIOCO”. Writer