Writer

Prima di andare al lavoro...


Un esercizio di stile che consiste nello scrivere un racconto in un solo periodo...
Mario è nervoso, s'alza il mattino con una energia malsana che gli fa preparare il caffè con movimenti scoordinati e convulsi, dimentica di togliere il filtro quando riempie d'acqua la macchinetta e riceve di rimbalzo un getto potente che gli bagna le mutande e le gambe, mormora un "vaffanculo" rituale, che gli serve per recuperare un'accettabile destrezza, mette la caffettiera sul fuoco, corre in bagno per sbarbarsi in fretta e si taglia tre volte la faccia, scappa a prendere dell'alcool, ma trova solo un intrico di farmaci inutili caoticamente disposti nel ripostiglio dell'ingresso, viene colto da un inspiegabile desiderio di rifare il letto e così s'affanna con una mano a distendere le lenzuola e a rassettare le coperte, mentre si comprime il volto sanguinante con un fazzoletto di carta di dubbia pulizia, dispone i cuscini e ripiega la trapunta matrimoniale e intanto avverte un odore di bruciato misto a fumo che viene dal cucinino, interrompe il suo lavoro (ma nel frattempo, chissà come, è riuscito a procurarsi del mercurio cromo e si è dipinto la faccia come un pellerossa, disegnando un insieme di macchie irregolari sul collo e le mandibole), vola verso la sorgente del disastro che si rivela la macchina del caffè ormai rovente e annerita dal fuoco, afferra con precauzione il manico della moka con uno straccio consunto e si ustiona orrendamente l'indice e l'anulare della mano destra, infila una sfilza sincopata di imprecazioni che terminano in un grido rauco e impotente, vorrebbe dare un cazzotto violento alla parete ma è trattenuto dalle pulsazioni rapide e dolorose dei polpastrelli bruciati, decide di vestirsi e di scendere in strada per recarsi al lavoro senza aver fatto colazione, trema di rabbia quando cerca di abbottonarsi la camicia e desidererebbe strappare quei maledetti bottoni bianchi uno per uno e gettarli lontano, disintegrarli con un raggio che li faccia riapparire in un luogo imprecisato tra la Nuova Guinea e le isole Figi, ripiega su una maglietta verde che ha sempre detestato, butta la camicia in un angolo lontano della stanza da letto, s'infila un maglione color cacca che stona orrendamente con i suoi pantaloni neri, rinuncia a lavarsi i denti, per evitare di lottare con il tubetto del dentifricio da giorni arrotolato e simile a una mostruosa lumaca di alluminio -chissà di quale materiale saranno fatti i tubetti del dentifricio, pensa -, cerca affannosamente le chiavi, immaginando i posti dove potrebbe ritrovarle, ma la sua ricerca non è sistematica, così si butta in ginocchio per dare un'occhiata sotto il letto, sperando assurdamente di essere miracolato da un incontro casuale, improbabile ed illogico, si ricorda all'improvviso di aver lasciato le chiavi di casa nella tasca destra del giaccone, urla di esultanza quando la sua mano sinistra artiglia il mazzo e se lo mette in tasca, vede la sua immagine allo specchio e corre in bagno a pulire le tracce rossastre dal volto che suggeriscono emorragie o mascheramenti da ultrà francamente incompatibili con la sua dignità di dirigente del parastato, ingolla un bicchiere d'acqua stupendosi della naturalezza con cui riesce a compiere un'operazione così complessa e irta di difficoltà, afferra due sacchetti della spazzatura ricolmi e maleodoranti, controlla il telefonino che, a giorni alterni, dimentica a casa, soprattutto quando si rivela indispensabile, ed esce trionfalmente sbattendo dietro di sé la porta con fragore. Solo cinquantacinque minuti, se non trovo ingorghi, e sono arrivato, pensa mentre scende fischiettando le scale, apre di slancio il portone della palazzina e rimane abbacinato dal sole ormai estivo di questo implacabile mese di Maggio. Writer