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La macchina del fango


Ho letto un interessante articolo di D'Avanzo su "Repubblica" che ricostruisce alcuni retroscena sulle "inchieste giornalistiche" di "Libero" e del "Giornale" per quanto riguarda l'appartamento di Montecarlo venduto da Alleanza Nazionale e attualmente nella disponibilità del cognato di Fini. In realtà, l'articolo parla anche di altri casi che hanno visto all'opera la "macchina del fango": Veronica Lario, Dino Boffo, Raimondo Mesiano, Piero Marrazzo e, in precedenza, Piero Fassino.Restando sul caso Fini, questa è la ricostruzione proposta: "Uomini dei servizi segreti o della Guardia di finanza raggiungono Santa Lucia (la notizia è del Giornale). Devono soltanto sovrintendere che "le cose vadano nel verso giusto", che quel ministro di Giustizia dica quel che deve o fornisca le lettere con intestazione originale che necessitano. E' stato lo stesso Silvio Berlusconi a predisporre le cose potendo contare sul "rapporto personale tra l'ex ministro di Santa Lucia e il nostro presidente del Consiglio". Un legame (notizia di Libero) che "deve far tremare Fini". Bene, viene confezionato il falso. [la lettera del primo ministro di Santa Lucia che chiama in causa Tulliani come proprietario dell'appartamento di Montecarlo] Ora deve arrivare in Italia senza l'impronta digitale del mandante. Bisogna seguire le frecce sul foglio dinanzi a Gianfranco Fini. Da Santa Lucia la lettera farlocca (o ambigua) arriva su un sito e poi nelle redazioni di due giornali di Santo Domingo. Da qui afferrata come per una pesca miracolosa dal sito Dagospia. Ora - gli uomini di Fini chiedono - chi ispira Dagospia? Credono di saperlo. Anzi, dicono di saperlo con certezza: "Dagospia, sostenuto dai finanziamenti di Eni ed Enel, è governato nelle informazioni più sensibili da Luigi Bisignani, il piduista, l'uomo delle nomine delicate, braccio destro operativo di Gianni Letta dal suo ufficio di piazza Mignanelli". Da Dagospia l'informazione manipolata slitterà sulle prime pagine di Giornale e Libero. Che potranno dire: abbiamo rilanciato soltanto una notizia pubblicata dalla stampa internazionale".In sostanza:  si da' risalto a informative anonime(come nel caso Boffo) o a brandelli di intercettazioni (come con Fassino) o si girano video sulla vita privata di un magistrato insinuando sue presunte stravaganze (caso Mesiano, giudice della sentenza Fininvest-Cir che condanna la Fininvest a un risarcimento milionario), si monta su queste basi una campagna che può durare anche settimane, e che viene rilanciata dal circuito mediatico delle televisioni e dei talk show, s'invoca la libertà giornalistica per colpire avversari o critici del Presidente del Consiglio (il cui fratello è proprietario del "Giornale"), si riportano rivelazioni o dossier fabbricati da agenzie d'informazione o da altri mezzi di stampa per sfuggire alle accuse di diffamazione.Se poi le notizie si rivelano false o infondate (come nel caso Boffo, Feltri scrisse «La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali») poco male: l'obiettivo di squalificare, denigrare, gettare fango è raggiunto e l'avvertimento nei confronti di chi dissente è chiaro.Mi pare un meccanismo di eccezionale pericolosità, come conclude D'Avanzo nel suo articolo.Il giornalismo, diventato tecnica sovietica di disinformazione, alterato in calunnia, non ha nulla a che fare con queste pratiche che non sono altro che un sistema di dominio, un dispositivo di potere. Uno stesso soggetto, Silvio Berlusconi, ordina la raccolta del fango, quando non lo costruisce. Dispone, per la bisogna, di risorse finanziarie illimitate; di direzioni e redazioni; di collaboratori e strutture private; di funzionari disinvolti nelle burocrazie della sicurezza, magari di "paesi amici e non alleati". Non ha bisogno di convincere nessuno a pubblicare quella robaccia. Se la pubblica da sé, sui suoi media, e ne dispone la priorità su quelli che influenza per posizione politica. È questa la "meccanica" che abbiano sotto gli occhi da più di un anno e bisogna scorgere - della "macchina" - la spaventosa pericolosità e l'assoluta anomalia che va oltre lo stupefacente e noto conflitto d'interessi. Quel che ci viene svelato in queste ore ancora una volta, con l'"assassinio" di Gianfranco Fini, è un sistema di dominio, una tecnica di intimidazione che minaccia l'indipendenza delle persone, l'autonomia del loro pensiero e delle loro parole.