Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Da Managua a Livingstone

Pubblico un frammento di "Diecimila e cento giorni". Il protagonista, terminato il biennio di lavoro come cooperante in Nicaragua, intraprende un viaggio che, attraverso l'Honduras, lo porta sulla costa atlantica del Guatemala, nella cittadina di Livingstone.

Livingstone, che posto strano. Casette  di legno povere e tranquille, poche strade  gibbose, pavimentate da  pietre irregolari disposte al centro,  che scendono leggermente verso il mare. Un mare dei Caraibi dimesso e poco appariscente, piccole spiagge dal fondale melmoso bagnate da un'acqua poco profonda e dai  colori incerti. Il paese è piccolo, affacciato tra  il mare e l'estuario del Rio Dulce, un fiume splendido che, qualche chilometro più a monte, passa attraverso un canyon spettacolare,  due rilievi alti tappezzati da una fittissima vegetazione, formando  un corso d'acqua verde  che scorre rapida.

 
Nella comunità, abitata in maggioranza da persone di colore  che parlano inglese, si respira un clima rilassato e  sonnolento. Vedo passare qualche residente in bici, con calma, dirigendosi verso una casa vicina o i campi coperti da una vegetazione tropicale rigogliosa.

Sono arrivato  qui via mare da Puerto Cortéz, dopo aver girato un paio di giorni con indifferenza nel centro  bollente, sporco e caotico di San Pedro Sula  Anche qui fa caldo, un caldo umido e avvolgente, ma, ogni tanto, arriva  una folata di brezza fresca che le case di legno con veranda accolgono a finestre spalancate.  Ci sono molti "rasta", mulatti con i capelli lunghi intrecciati,  come in Giamaica. Pochi turisti, per fortuna, che arrivano dal fiume, si fermano un paio di ore nel paese e ripartono dopo aver scattato una salva di foto. I prezzi sono bassissimi, ho affittato una  palafitta per otto quetzales al giorno, poco più di un dollaro e cinquanta.

Mi  è sembrato un buon posto per riposare e mettere a punto le fasi successive di questo viaggio che assomiglia più alla ricerca di una residenza  immaginaria che a uno spostamento attraverso le bellezze del Centroamerica.

Disteso su un'amaca, lascio che i pensieri seguano il loro corso e fluiscano con un ritmo lento. Mi piace il Guatemala, mi sembra un luogo abitato da gente dolente, schiacciata dal peso di troppe dominazioni, ma bello e dolce, di una bellezza intensa ed estenuata. Ripensando al mio soggiorno a Managua, lo sento vivo dentro di me, ma sono più proiettato verso il futuro, verso un percorso possibile in questo continente materno e generoso.

Domani vado a visitare un luogo che mi hanno raccomandato, una cascata che forma un insieme di laghi e di pozze di altezza diversa. Mi hanno detto che l'acqua è fresca e la vista sul mare uno splendore.


Ma adesso ho solo desiderio di dondolarmi con lentezza, accendermi una sigaretta e spiare il profilo delle case e della campagna al mio fianco.

 
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Commenti al Post:
upmarine
upmarine il 06/05/08 alle 01:59 via WEB
La pagina di un diario di viaggio all'interno della propria ricerca interiore. Chissà dove porterà. Com'è Torino vista da un cercatore di mondi meridionali?
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 06/05/08 alle 02:32 via WEB
La ricerca del protagonista lo porterà in Chiapas, a trovare una nuova appartenenza. Torino è una città che appartiene alla Mitteleuropa, quindi ha poco da spartire con i mondi meridionali :) ciao, Up. W.
 
cateviola
cateviola il 06/05/08 alle 18:30 via WEB
Buonasera Claudio, preferisco leggere prima tutto il romanzo... in bocca al lupo per la presentazione del nuovo a Torino!
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 06/05/08 alle 18:45 via WEB
E' comprensibile, Cate. I frammenti non rendono l'impianto complessivo del romanzo . Grazie per gli auguri, mi farebbe un gran piacere incontrarti qui a Torino, anche se so che è un po' complicato. ciao. W.
 
Basta_una_scintilla
Basta_una_scintilla il 06/05/08 alle 23:33 via WEB
Che splendidi ricordi Claudio, mi hai regalato. Ho rivissuti i miei giorni in Guatemala ed Honduras, gli autobus affollati e coloratissimi, il lago di Atitlan, il Rio Dulce, gli occhi delle bimbe indios così scuri ed indagatori. Ho respirato di nuovo uno dei viaggi più belli della mia vita, come se stessi ancora su quella piccola barca in mezzo al canyon a bocca aperta guardando in alto. Ho rivissuto persino il prurito di quelle mille treccine con perline colorate che proprio a Livingstone mi ero fatta fare. Grazie! Un sorriso
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/08 alle 02:00 via WEB
Tu ed io abbiamo il "mal d'America Latina", scintilla. Siamo legati a quel continente "materno e generoso", colmo di bellezza, di etnie composite, di cultura e di storia. Il mio protagonista è affascinato da queste terre, tanto che il suo percorso latinoamericano si concluderà con un nuovo radicamento nel continente. Un bacione. W.
 
DONNADISTRADA
DONNADISTRADA il 07/05/08 alle 21:49 via WEB
sono andata anch'io a livingston de guatemala, partendo da tikal, percorso di strada e di fiume nel luogo più paradisiaco che abbia mai visto...
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 07/05/08 alle 23:05 via WEB
Un luogo me-ra-vi-glio-so, da restare a bocca aperta. Quando il fiume scorre all'interno del canyon impreziosito da una vegetazione straordinaria ho pensato di essere approdato su un nuovo mondo. ciao, Angi. W.
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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