Altrove

19.03


Chi sa se parte del dolore che sento c'entra con una situazione ricorrente di me piccola...Mi ero trasferita con i miei genitori in una casa più grande, con una mia cameretta. Avevo sei-sette anni, ed ero sempre stata abituata a dormire in camera con loro.Nella nuova casa la mia cameretta era la stanza più lontana dalla loro camera. Ero terrorizzata di dormirci.Ogni notte, piena di angoscia mi svegliavo in lacrime, percorrevo silenziosa la casa e mi adagiavo come un cagnolino, scomoda e infreddolita, ai piedi del loro letto, pregando di non svegliarli.Ma mia madre ha sempre avuto il sonno leggero: inevitabilmente ogni notte se ne accorgeva e si svegliava pure mio padre che mi cacciava adirato. Mia madre, scocciata, mi accompagnava in camera e mi diceva "dormi!", mettendosi qualche minuto accanto a me. E non so se i ricordi mi giochino uno scherzo, ma non ricordo che fosse intenerita né ricordo che mi accarezzasse o parlasse dolcemente per tranquillizzarmi. Io dovevo chiudere per forza gli occhi, altrimenti si arrabbiava, ma dentro provavo un'angoscia indicibile, perché sapevo che tempo qualche minuto, e vedendomi con gli occhi chiusi se ne sarebbe andata.E così accadeva. Allora io iniziavo a piangere disperata (è lì che il sapore delle mie lacrime mi è diventato familiare) con la testa sul cuscino, senza sapere che fare, e cercando di non fare rumore. A volte cedevo alla spossatezza e, dopo un tempo che non so quantificare ma che mi sembrava infinito, crollavo addormentata.A volte invece, avvinta dalla disperazione, provavo a tornare ai piedi del letto dei miei, che si svegliavano, e tutto ricominciava.Non so dire quanto sia andata avanti. Se mesi o anni.So soltanto che provo angoscia a ripensarci.E ho il sospetto che ho iniziato allora a non saper esprimere e capire ed esaudire i miei bisogni, a sentirmi abbandonata e ad elemosinare amore accontentandomi di un posticino freddo ai piedi di un letto in cui altri hanno diritto di stare calorosanente insieme. Non io.Ps: tutto questo anche al termine di giornate in cui tornavo a casa da scuola alle otto di sera (quando non venivo dimenticata lì), in cui si mangiava in silenzio e poi rimanevo sola o, nei momenti migliori, con mia madre che guardava pessima  tv senza parlarmi.Ora i miei genitori sono preoccupati per il mio crollo. In questi giorni mi hanno accudita come sanno: facendomi mangiare e volendomi a dormire lì. Le parole, quelle, continuano a non saperle trovare.La vita è strana.PPS: come posso meravigliarmi di non essermi saputa staccare da un uomo che anche solo per due giorni mi ha tenuta con sé, vista, portata ovunque, sempre insieme, senza lesinare baci, abbracci e tenendomi per mano? In due giorni ho sentito attorno a me più calore che in dieci anni di infanzia.