Altrove

Firenze Rocks


C'era tutto, già un attimo prima dell'inizio: il tramonto, l'ippodromo dove si stava sdraiati sui nostri teli stesi, gli Editors che ho colpevolmente ascoltato soltanto da lontano in coda per entrare, e la luna, che bella, piena e luminosa si è andata ad adagiare su quell'angolo del fondale, ad indicare a tutti quanto suggestivi sarebbero stati i Cure quella sera.Burn come seconda mi ha rimesso al mondo, e fatto pensare, no, sentire ché è meglio, almeno per un momento che la vita può essere come la sogno. Con lei il biglietto era già ripagato. Con il rito di A Forest non si poteva andare più su. Impossibile. Robert Smith, ormai con la fisionomia di un Di Pietro coi capelli, il rossetto (sbavato, eh!), l'ombretto e la matita, ha compiuto ancora una volta due miracoli: tenere un ritmo serrato e perfetto per due ore e mezzo, e far uscire, perfetta!, quella stessa voce unica, onirica e cristallina, esattamente identica a quella di 40 anni fa, senza un'incrinatura. Per tutto il tempo.Noi, i 40.000, belli nel tramonto che i Cure solo potevano vedere, in un rimando di specchi dove Robert invece si accompagnava alla luna in una gara di magnetismo , gli restituivamo il regalo della nostra immensa gratitudine. Tutti, noi e loro, felici di essere lì insieme a condividere quel che ascoltiamo quasi sempre soli nelle nostre camerette e loro quel che suonano in un freddo studio. Disadattatati sognatori uniti per una sera. Grazie Cure, grazie Robert Smith. Cuoricini.#Firenzerocks2019