Altrove

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Ma come fanno quelli che piacciono?Su che manuale hanno studiato?Devo dire che me lo chiedo spesso, perché esistono quelle persone che riescono non solo ad andare d'accordo con tutti, ma anche a compiere il passo successivo: ammaliare.Io riesco a fare tutto il contrario: quando mi si nota, se mi si nota, è per insopportabilità. E in effetti ho la calamita per le polemiche. Quando ne vedo una mi ci butto a peso morto, e se non c'è so crearla ad arte. Peraltro è un'attività che sfianca parecchio, oltre a lasciarmi il più delle volte con una fastidiosa gastrite.E questo quando mi si nota.Allora torno a chiedermi: quelli di cui sopra come fanno?Secondo me sono nati con il radar puntato sugli altri. Chè in fondo se ci penso non ci vuole molto: basta vederli, gli altri, e metterli al centro dell'attenzione, magari sentendo spontaneo il moto di voler mettere il prossimo a proprio agio. Io invece pare proprio mi diverta a essere impertinente, a cogliere in fallo, a evidenziare le mancanze, i difetti. Tutte cose per cui la gente non è che si trovi esattamente in zona di confort con me.Probabilmente è il medesimo trattamento che riservo a me stessa, ma non è un granché consolatorio, e di sicuro la gente non mi scusa per questo.Così nella vita mi capita di imbattermi in qualcuno con cui un tempo parlavo un po' e poi abbiamo smesso, e cerco di ricordarmi il perché, il motivo della lite. Talvolta neanche lo ricordo. So solo che volevo dimostrare qualcosa, come una malafede nascosta che io avevo il dovere di smascherare. Altre volte abbiamo smesso perché non c'ero, non avevo cura. Quante volte mi sono detta, vedendo qualcuno diventare amico di una persona che io ho conosciuto prima ma con cui non ho mai approfondito: ma perché io non l'ho fatto? Perché sempre questa diffidenza, pensare che non valga la pena, che tanto è uguale? In questo periodo, che dura da parecchio, in cui fantastico su che strada potrebbe percorrere il mio libro, qualora fosse pubblicato, penso a chi ha pubblicato prima di me; ci si dà da fare, ci si pubblicizza. I primi potenziali lettori sono parenti, amici e conoscenti. Porca miseria, mi sono detta, se la casa editrice si aspettasse questo da me, sarebbe un problema, perché tra conoscenti e parenti sto sul cazzo a tanta di quella gente che il mio libro lo comprerebbe al massimo per bruciarlo, per dire (o, più adatto ai tempi nostri, per dargli una stella nelle recensioni).Se fossimo in una fiaba credo sarei una delle sorelle di Cenerentola, se fossimo in La Bella Addormentata, sarei la fata incazzata per non essere stata invitata, e così via.E poi finisce che, in certe sere di disincantata sincerità, mi sto un po' sul cazzo pure io.