Altrove

Il Vesuvio universale, Maria Pace Ottieri (parte 3)


"guerra tra il clan degli Ascione-Papale e il clan dei Birra-Iacomino, le due famiglie che da trent’anni si spartiscono la città. La strada che divide le due città è quella che dalla stazione della Circumvesuviana porta agli scavi, via IV novembre. Ercolano è stata un campo di battaglia, un morto al giorno in pieno centro, o a domicilio, il coprifuoco alle sette di sera, molte vittime innocenti, l’ultima, Salvatore Barbaro, ucciso in via Mare nel 2011, perché alla guida di un’automobile identica a quella del bersaglio designato. [...]   La posta in gioco è il piú grande mercato di droga del Sud, la migliore cocaina d’Italia arriva qui dal Sudamerica con le navi, o meglio sotto le navi. I sommozzatori sott’acqua staccano i carichi dalla chiglia e li portano a terra. [...] l’assenza di un teatro, di un cinema, di una scuola superiore fino a pochi anni fa (il tasso di analfabetismo è il piú alto tra i comuni vesuviani), [...] del borgo marinaro nato nel 1319, nucleo originario del paese, non resta traccia. Come le persone, le città hanno un destino inscritto nella loro biografia, nella posizione geografica, nell’agguato del caso. Fu l’inizio del declino di Torre Annunziata, la città piú popolosa e piú laboriosa della provincia di Napoli: [...] qui le fabbriche invocate da Sergio Zavoli c’erano. [...] C’è stata un’epoca in cui Torre Annunziata era una città dove tutti lavoravano. [...] Sui tetti a terrazza dei vecchi palazzi di Torre Annunziata e sui marciapiedi di corso Umberto I, il corso principale, ondeggiava un mare giallo e profumato di spaghetti stesi su file di canne ad asciugare. [...] Erano i pastifici la vera ricchezza della città, lo scirocco per impastare, il soffio lieve della tramontana per asciugare, il chiamatore, la persona che li sentiva cambiare per primo passava all’alba ad avvertire di casa in casa gli operai perché corressero al pastificio: l’impastapasta, il serrapresa, gli alzacanne, gli sfilacanne, i tiracanne. [...] Prima dei pastifici erano nati i mulini. Grazie a un raro aristocratico lungimirante, Muzio Tuttavilla, conte di Sarno, già nel Seicento, Torre è alimentata con l’acqua dolce di un canale, chiamato da quel momento in poi canale del Conte. Tuttavilla, che è costruttore di mulini, diventa il principale fornitore di farine e semole della città di Napoli. [...]  Alla fine del Seicento i vermicellari di Torre Annunziata sono abbastanza numerosi da potersi costituire in un’arte. [...] Erano piú di cento i pastifici fino alla Prima guerra mondiale, alla fine degli anni Sessanta avevano chiuso tutti tranne uno: [...] Setaro che insiste ancora oggi a produrre la pasta con le macchine degli anni Trenta, ad asciugarla a bassa temperatura, a impacchettarla a mano [...] I pastifici artigianali non hanno saputo reggere alla competizione della macchina continua che consentiva tutte le fasi della produzione in qualsiasi luogo, quarantamila chili di pasta all’ora contro i centocinquanta delle vecchie macchine, ai prezzi bassi dell’industria del Nord, agli assolutismi dei sindacati e alla liberalizzazione degli scambi che agevolò le farine francesi""Quale luogo in Italia era piú adatto all’industria del golfo di Napoli? Dove si potevano trovare un’altrettanto impressionante esuberanza di braccia inoperose, una simile urgenza di sfogare tante energie inerti [...] Vennero poi l’Ilva, la Dalmine, l’Italtubi, la Deriver, le industrie chimiche Fervet e Lepetit, tutte o quasi costruite sul litorale che dal Settecento era assurto a simbolo di bellezza assoluta, paesaggio per eccellenza. [...] Nessun progresso riesce mai a prefigurare i suoi guasti, l’uomo è incapace di vedere il futuro che puntualmente arriva già invecchiato. [...] Esaurita la spinta del miracolo economico, la politica dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno vacilla, lo Stato ritira progressivamente le sue partecipazioni e nel corso di qualche decennio le fabbriche fiorite nel secondo dopoguerra sono spazzate via. [...] Il corso principale è vuoto e desolato, sbarrati con la saracinesca abbassata e le assi inchiodate i vecchi negozi sul corso con le insegne degli anni Settanta, il Teatro Moderno cade a pezzi, il porto dove arrivavano le navi con il grano dalla Russia − il famoso Taganrog ucraino − insabbiato e deserto; la Villa di Poppea, moglie di Nerone, per metà ancora sepolta e per sempre sotto la Polveriera, non riesce a dirottare che alcuni insaziabili dei tre milioni di turisti che ogni anno visitano Pompei, le spiagge sono costellate da montarozzi di immondizia""Torre del Greco [...] una nuova eruzione distrusse ancora una volta, completamente, la città. [...] Torre del Greco era il piú marinaro dei paesi vesuviani, i suoi abitanti erano pescatori di pesce, di spugne, di coralli, o marinai""Dall’eruzione che la cancellò, nel 79 d. C., per milleottocento anni Pompei non è piú esistita. Si è chiamata lungo i secoli Valle di Pompei: una campagna desolata e abitata in modo sparso da un migliaio di contadini miserrimi e immersi nelle tenebre di stregonerie e superstizioni. [...] Fino all’arrivo negli anni Settanta dell’Ottocento di un visionario, un giovane avvocato pugliese che si sente investito da una missione divina: costruire di fronte ai ruderi della Pompei pagana, la Nuova Pompei cristiana. [...] In vent’anni, come un bambino meticoloso con i mattoni del Lego, Bartolo Longo ha costruito dal nulla una città: la chiesa, le case per gli operai che lavorano alla sua costruzione, la grandissima piazza, le strade larghe tra file di platani ed eucalipti, l’asilo, la scuola, l’orfanotrofio. Una piccola città omogenea, tagliata da larghi viali alberati, tutta diversa dalle altre città vesuviane. [...] La città era circondata da aperta campagna infestata da briganti, ci voleva anche una stazione dei carabinieri e i carabinieri arrivarono. [...] Bartolo Longo, il fondatore della Lourdes italiana, come lo chiamava Benedetto Croce, [...] Ora che si sono raccolte le orfane, ci vogliono delle suore che si occupino di loro. Dopo aver chiesto invano a molte congregazioni esistenti, Bartolo si risolve a fondarne una nuova di zecca, le Figlie del santo Rosario di Pompei, terziarie domenicane [...] le regole: l’educazione delle bambine, il decoro del Santuario, cucinare e tenere in ordine la biancheria dei sacerdoti, cucire corredi per le famiglie signorili e fabbricare calze per il sostentamento loro e delle bambine, fare il bucato. [...] Una delle sue intuizioni piú originali sono i carcerati, [...] L’Italia sarebbe stata la prima a occuparsi dei figli dei carcerati: era una battaglia nuova e accanitamente osteggiata dalla Scuola antropologica criminale di Cesare Lombroso, imperniata sulla convinzione che fosse impossibile mutare natura ai figli di delinquenti. [...] Dopo l’orfanotrofio nasce l’Ospizio per i figli dei carcerati: riabilitare, dare consapevolezza e dignità attraverso il lavoro, di per sé educatore, [...] organizza la banda, perché la musica è l’altro perno fondamentale. [...] Le opere sociali del Santuario sono piú vive che mai: chiusi gli orfanotrofi da una legge dello Stato nel 2006, si sono aperte le case famiglia""la costruzione del real sito costituí il primo passo di una nuova strategia di controllo del territorio e di presenza dello Stato che il re aveva ben chiara, l’avvio di un progetto di formazione della città metropolitana, la definizione non è dunque un’invenzione degli amministratori contemporanei, Napoli, dopo Parigi e Londra, era per numero di abitanti la terza città d’Europa. [...]  La presenza della Reggia di Portici trasformò completamente il paradigma urbanistico del territorio, la città vesuviana crescerà sullo schema Reggia-Parco: da un lato lo sviluppo lineare sulla costa, dall’altro quello radiale rispetto all’asse Vesuvio-mare. In meno di cinquant’anni spuntarono l’una dopo l’altra centoventidue ville, le cosiddette Ville vesuviane, progettate dai migliori architetti dell’epoca, Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Ferdinando Sanfelice e molti altri. Nessuno ci abitava stabilmente, ma per l’aristocrazia napoletana fu una corsa ad assicurarsi la vicinanza alla corte e al re, [...]  Tranne poche decine [...] le ville si disposero lungo la settecentesca via Regia delle Calabrie che collegava la capitale del Regno borbonico al versante tirrenico del Sud d’Italia, e soprattutto si concentrarono in gran numero nel tratto tra Portici ed Ercolano, detto per questo «il Miglio d’oro».""le ville e i loro giardini contribuirono a cambiare il paesaggio della costa: spazzarono via la macchia mediterranea, allontanarono il mare dalle abitazioni e rafforzarono la formazione di una città diffusa""Valeria Pezza, professore ordinario di Composizione architettonica [...]   sostiene addirittura che niente è irreversibile, il progresso si fa e si disfa da un momento aall’altro, non sono irreversibili nemmeno le trasformazioni piú recenti e distruttive, quello che invece finisce per essere un po’ complice e un po’ strumentale è la rassegnazione.""il primo gesto di ribellione alla distruzione del paesaggio settecentesco sarebbe restituire il mare alle città e per farlo bisognerebbe interrare o sopraelevare la ferrovia, perché fu proprio la Napoli-Portici, la prima ferrovia italiana, tra i primati borbonici piú esaltati, il definitivo colpo d’ascia che separò il mare dalla costa alterando tutti gli equilibri e aprendo il varco alle fabbriche, ai porti inutilizzati, alla crisi della pesca, all’impossibilità di usare il mare. «In nome della modernità e dell’innovazione», [...]   Al razionalismo ottocentesco premeva fondare modelli astratti e a priori da applicare alla città, non riconoscere e rielaborare le forme esistenti. [...] nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando, sull’onda della legge di Risanamento per Napoli, si pensò utile e moderno sventrare l’intreccio di strade delle città storiche con grandi viali alla maniera di Haussmann. [...] Una volta mutilati della vicinanza con il mare, i viali dei parchi e dei giardini non erano piú altro che terreni vuoti da lottizzare: interi condomini sono sorti legalmente nei parchi delle Ville vesuviane, alveari di sette otto piani che continuano a chiamarsi «Parchi» per ammiccare alla natura, alla bellezza, al privilegio.""Col terremoto dell’Irpinia [...] I prezzi scesero e a migliaia, espulsi dalle campagne o sfrattati da una Napoli ormai satura, si riversarono nell’allegra Portici, fino ad allora ameno luogo di villeggiatura, il numero di abitanti schizzò a sessantacinquemila, la densità abitativa di una città cinese, indiana, africana." "un regno che non c’è da un numero di anni superiore a quelli della sua durata, ma di cui molti aspettano il ritorno. Centocinquantasette anni sono poca cosa per famiglie la cui origine si perde in un passato lontano: il tempo della nobiltà, come sangue troppo denso, non scorre, è paziente, secolare, abituato a sacrificare le esistenze individuali a quelle dinastiche.""Vesuvio cambia profilo a ogni fermata. [...] Ti segue, si muove con te, come se fossi tu a muoverlo con una lunga bacchetta. [...] Sotto il Vesuvio la lava piú temuta è d’acqua, [...] la colata d’acqua e fango innescata da forti piogge che a differenza della sua sorella di fuoco non si ferma, si insinua perfino nelle cantine e squarcia le botti. [...] Lo sapevano bene i Borboni che agli inizi del Seicento si lanciarono in una delle loro imprese piú imponenti, i Regi lagni, la vasta rete di canali artificiali per irreggimentare il deflusso verso il mare delle acque sorgive e piovane che scendevano dalle pendici del vulcano. Gran parte degli acquitrini scomparve, diminuí il flagello della malaria, furono recuperati all’agricoltura novantamila ettari di campi fertilissimi e si introdussero nuove colture""Una volta alzati tetto e pareti esterne, la casa si considera finita e per abbatterla il sindaco deve emettere un’ordinanza contro la quale il proprietario ricorre al Tar che il piú delle volte sospende il provvedimento. Nel frattempo, mai inferiore a quattro anni, si violano i sigilli e si procede con i lavori, una casa cresciuta al nero, specie se singola, ha il vantaggio di non esistere e di non pagare tasse né utenze. Rari come eclissi di sole gli abbattimenti che implicano una procedura troppo lunga e costosa [...]  È perfino difficile trovare imprese disponibili, i rischi sono molti e le gare d’appalto vanno deserte. [...] l’intoccabilità di cui godono gli abusi di costruttori o di proprietari di ristoranti e alberghi con piscine e colonne corinzie sulle pendici del Vesuvio e l’abitudine facile e vile di prendere di mira le case dei poveracci, di solito dopo dieci o vent’anni che ci abitano. [...] l’abusivismo in Italia non è mai stato percepito come una trasgressione, ma come una variante dell’attività edilizia. Dall’alto, lo si è sempre considerato l’indispensabile lievito di un’economia che doveva riprendersi dalla guerra; dal basso, un’attività legittima, giustificata dal diritto alla casa e dalla cronica penuria di alloggi per i piú poveri, nonostante il dilagare di costruzioni""quando ha avuto inizio la devastazione sistematica di questi luoghi? Un punto di non ritorno è stato il terremoto dell’Irpinia, la sera del 23 novembre 1980. [...] tremila morti, [...] grande affare della ricostruzione nelle mani di imprenditori, amministratori pubblici, banche e malavita [...] L’ampia discrezionalità che la legge concedeva per ragioni d’urgenza fu immediatamente intesa come libertà di arbitrio totale, una delle piú sfrenate che la storia italiana possa annoverare. Pochi giorni dopo il terremoto, l’11 dicembre, fu ucciso Marcello Torre, sindaco di Pagani, colpevole di non aver assecondato il sodalizio criminale nell’affidare gli appalti per la rimozione delle macerie, un chiaro avvertimento di quello che sarebbe successo a chi non avesse partecipato al grande banchetto a cui imprese edili, cooperative e faccendieri accorsero da tutta l’Italia. Due anni piú tardi, nel 1983, con un nuovo dispositivo legislativo, i commissari estesero alle imprese che costruivano le case altre opere infrastrutturali considerate funzionali alla ricostruzione. [...] in tutti i campi della ricostruzione le organizzazioni camorristiche si sono insediate nei settori fondamentali dell’edilizia: dal movimento terra, alla fornitura degli inerti, alla produzione e distribuzione del cemento e del calcestruzzo. [...] Eppure manifestazioni conclamate della malattia erano già evidenti ai tempi della piú nota legge italiana sull’edilizia, la 167 del 1962, quella sull’edilizia popolare, che a Napoli divenne il Nuovo piano regolatore della città. [...] Dal 1962 al 1985 la superficie urbanizzata della provincia si moltiplica per cinque volte e i comuni vesuviani registrano un aumento della popolazione del cinquanta per cento con balzi del centocinquantaquattro"