Altrove

E guardo e guardo: ovunque il mio sguardo riesca a posarsi sul prato, non ci sono altre piume. L'unica qui, dove d'istinto mi sono posizionata.

Prima, durante un momento della pratica collettiva (poi ho continuato da sola), ho spalancato gli occhi sul cielo. Sopra di me, una buffa nuvola candida da profilo di coniglio.

Oserei dire che ero felice.

Oggi sono incazzata. Lo sono stata poco, forse. I primi tempi lo ero, ma poi mi sono indebolita, addolorata. 

Un anno fa si stava per esaurire la parabola di Gatto. L'angoscia infinita, le cure che non erano mai risolutive, le speranze disattese che non peggiorasse. Poi il peggio del peggio, la beffa suprema: il terrore per quell'operazione così difficile per il suo piccolo corpo. Aspettare ore, contando i secondi, accanto al telefono per  sentire se si era svegliato, perché non era scontato. E la felicità per la notizia che finalmente era arrivata. Tutto era andato bene, il male rimosso, lui così forte da superare l'intervento. L'incubo era alle spalle, finito. Mi sentivo finalmente leggera. Avevo chiuso con la paura di perderlo.

Invece non avevo chiuso un bel niente. Un colpo di coda bastardo, di quelli che se credessi bestemmierei. Una piccola infezione conseguente all'operazione riuscita. Una fottuta infezione silenziosa. Puff, in una settimana la casa rimase vuota di lui e del nostro affetto. Dopo tutti quei sacrifici, dopo essermi contorta le budella ogni giorno per più di un mese. Proprio quando ho osato pensare che ce l'avevamo fatta. Puff. Via tutto. Lui spento e le sue verdure in bella mostra in cucina. Nessun bisogno di una gabbietta (sempre aperta), copertine e cucce morbide inutili, ciotole vuote. Sacchi di fieno e pellet a riempire lo spazio, sottolineandone paradossalmente il vuoto. Giochini e spazzole improvvisamente superflui. E il trasportino. Ho chiuso tutto col senso di vomito, in trance, senza poter pensare, e l'ho rinchiuso in cantina. Non so neppure perché. 

Da allora non mi sveglio più con una leccatina sul viso né mi addormento accarezzando una testolina. Mi sono abituata a lavorare senza fare le pause bacini al coniglietto sul letto o volgere lo sguardo a lui che si accoccola vicino. 

Ma quando ripenso a come qualcosa mi ha illuso che fossimo arrivati dall'altra parte, quella del cielo sereno, e invece non era vero, mi incazzo. E questo finire di maggio me lo ricorda. 

Dopo anni di non amore e di non cura, lui si meritava una lunga vita felice. E io non meritavo la beffa.

Che dispiacere