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Quelle parole che Benedetto XVI continua a non voler dire

Post n°30 pubblicato il 08 Marzo 2021 da daniela.g0
 

Papa Benedetto XVI

 

Da pochi giorni è stato pubblicato un articolo sul Corriere della sera, a firma di Massimo Franco, riportante un'intervista a papa Benedetto XVI che ha fatto il giro del mondo. Molti giornali hanno riportato la notizia, volta a far luce sulla presenza, sicuramente anomala, di due papi in territorio vaticano. Ma l'interpretazione data dai giornali alle parole pronunciate da Benedetto XVI, ad uno sguardo più attento, può risultare affrettata e tendenziosa. L'intervista è poi arrivata poco dopo l'articolo del giornalista Aldo Maria Valli: "Roma senza papa". Valli, ex vaticanista del Tg1, gode di stima ed autorevolezza, per cui tutto il mondo cattolico ed ecclesiastico è entrato in subbuglio.    

Ma come osserva Andrea Cionci sul quotidiano Libero lo scorso due marzo, la stessa intervista «con simili toni letterari e romantici sul vecchino "infragilito"» riprende quella che già Massimo Franco aveva realizzato con Benedetto XVI nel 2019. A differenza della precedente, nella nuova intervista non sono state pubblicate immagini. Ma, esattamente come nel 2019, Massimo Franco afferma che «gli avversari di Bergoglio, spesso conservatori alla ricerca disperata di una parola di Benedetto che suonasse di critica a Bergoglio, si sono sentiti rispondere immancabilmente che "il Papa è uno, è Francesco"».   

Ma sono esattamente queste le parole pronunciate da Benedetto XVI? NON RISULTA infatti che il papa emerito abbia mai pronunciato queste parole, che pure Franco ha virgolettato.    

Non risulta nella sua intervista del 2019; benché anche Vatican News, citando curiosamente il giorno prima dell'uscita l'intervista pubblicata sul Corriere, abbia messo in bocca a Benedetto le parole che sono invece di Massimo Franco, con il titolo: «Benedetto XVI: il papa è uno, Francesco». E nel testo interno si afferma: «La Chiesa è e deve restare unita. La sua unità è sempre stata più forte delle lotte e delle guerre interne». E' la certezza di Benedetto XVI che a tutti ricorda: «Il Papa è uno, Francesco».   

Non risulta neanche nell'intervista del primo marzo scorso: andando a rileggere infatti l'intervista a Benedetto XVI - a firma dello stesso Franco - emerge nuovamente come il pontefice non abbia mai pronunciato quelle parole nemmeno questa volta. Riporto qui uno stralcio dell'intervista pubblicata dal Corriere 

«"Non ci sono due Papi. Il Papa è uno solo...". Joseph Ratzinger lo dice con un filo di voce, sforzandosi di scandire bene ogni parola. È seduto su una delle due poltrone di pelle chiara che insieme con un divano arredano il salone al primo piano del monastero di clausura Mater Ecclesiae: il luogo dove si è ritirato, lontano da tutto, nel marzo del 2013.[...] [Joseph Ratzinger] ribadisce che "il Papa è uno solo" battendo debolmente il palmo della mano sul bracciolo: come se volesse dare alle parole la forza di un'affermazione definitiva».   

Non v'è dubbio che Benedetto XVI affermi con la massima chiarezza la realtà che vi sia un unico papa; ma non dice mai quello che gli ambienti bergogliani avrebbero forse voluto che dicesse: ovvero che il papa è Francesco. Perché Joseph Ratzinger volutamente non nomina mai Francesco ma afferma che il papa è uno? Le parole di Franco possono allora essere interpretate diversamente: il papa c'è ed è colui che conserva ancora il munus petrino.    

E come rileva anche Andrea Cionci di Libero:  

"Allora, che un giornalista della sua levatura, dopo otto anni in cui ecclesiastici e intellettuali parlano esplicitamente di forzate dimissioni di Benedetto, non valutare con fredda oggettività la sibillina dichiarazione di Ratzinger non è un po' ingenuo?". 

Infatti per Benedetto XVI il papa è uno solo. Ma non ha mai chiarito quale sia dei due.  

Come scrive anche lo scrittore e giornalista Antonio Socci nel suo blog "Lo Straniero", il primo luglio 2019: «L'ultimo bellissimo libro che Ratzinger ha pubblicato, "Per amore", riporta in copertina non la definizione "papa emerito", ma la firma autografa "Benedetto PP XVI". Quella sigla PP significa "Pastor pastorum" (o "Pater Patrum") ed il titolo (e la prerogativa) del papa regnante» . Continua ancora Socci: «E' l'ennesimo piccolo segnale di una situazione drammatica della Sede apostolica che non può (ancora) essere chiarita, ma che conferma quanto Benedetto XVI disse nella sua ultima udienza del 27 febbraio 2013: "Il 'sempre' è anche un 'per sempre' - non c'è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all'esercizio attivo del ministero non revoca questo"». In una lettera del 23 novembre 2017 al card. Brandmuller - dove si rivela molto preoccupato per la situazione attuale della Chiesa - Benedetto conclude scrivendo: "Con la mia benedizione apostolica". Ma la benedizione apostolica è prerogativa solo del papa regnante e Benedetto commetterebbe un abuso se non lo fosse. Ed inoltre Benedetto XVI ha mantenuto la veste bianca, il nome, lo stemma e - come assicura Socci - lo stesso Francesco lo continua a chiamare "Santità", in quanto Benedetto si definisce ufficialmente "Sua Santità Benedetto XVI".   

A fare chiarezza definitiva sulla posizione di Benedetto XVI sono le parole che mons. Georg Gaenswein pronunciò in una storica conferenza tenuta alla Gregoriana:  

«Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso ed intende il suo compito come partecipazione a un tale ministero petrino. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell'undici febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli invece ha integrato l'ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune [...] Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l'appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è "Santità" [...] Egli non ha abbandonato l'ufficio di Pietro - cosa che gli sarebbe stata del tutto impossibile a seguito della sua accettazione irrevocabile dell'ufficio nell'aprile 2005». Mons. Gaenswein lo definisce un «pontificato d'eccezione».     

E se per Antonio Socci la Chiesa è sottoposta oggi ad una prova durissima per un misterioso disegno della Provvidenza, "il suo venerdì santo"; per il giornalista e scrittore Andrea Cionci la scelta di Benedetto «di non-dimettersi, o dimettersi invalidamente, avrebbe potuto essere dettata da pressioni di lobby [da Benedetto non citate, come le macchinazioni del gruppo della Mafia di san Gallo - peraltro dichiarate esplicitamente dal primate del Belgio card. Danneels - e della massoneria ecclesiastica, di cui - secondo Cionci - tutti sono a conoscenza poiché ormai sono anni che se ne parla] e questo disegno, sottilmente strategico, ha lasciato scontenti i suoi sostenitori che non lo hanno colto. Lui ha la coscienza a posto perché sa che Tempus omnia revelat. [...] E' evidente che se fosse vero che Ratzinger è stato costretto a dimettersi, potrebbe plausibilmente non essere libero di esprimersi liberamente: magari è ricattato, o minacciato, chi lo sa? Per quale motivo, altrimenti, il "pastore tedesco", il teologo adamantino, il razionalissimo pensatore tedesco e profondo conoscitore della Chiesa dovrebbe essere così ambiguo? Per il gusto di lasciare un miliardo e 300.000 cattolici nell'ansia e nell'incertezza? E allora è ovvio che, in un caso del genere, la sua unica risorsa potrebbe essere solo un linguaggio che sia veritiero, ma velato, che solo alcuni riescono a interpretare correttamente, secondo il Logos divino. Un linguaggio sottile che è stato ravvisato anche nella Declaratio di dimissioni». 

Ma al di là della veridicità di tutto questo, su cui molti sono pronti a storcere il naso e a parlare del solito "complottismo", un fatto è certo: Benedetto continua ad esercitare il suo ministero petrino in tutta la sua dimensione spirituale: non per nulla nel suo ultimo libro "Benedetto XVI, Una vita" - edito in Italia da Garzanti nell'ottobre scorso - Benedetto avverte ed insieme ammonisce la Chiesa e l'umanità tutta.  

Il giornalista e autore Peter Seewald - al termine del libro - ricorda infatti a Benedetto le parole da lui stesso pronunciate durante la sua prima omelia come pontefice: "Pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi", domandando al papa emerito se avesse previsto prima ciò che lo avrebbe atteso in futuro. La risposta di Benedetto XVI arriva chiara ed inequivocabile, gettando anche un fascio di luce sulle vere cause che lo hanno indotto alle dimissioni:  

«Devo dire che si tende a immaginare in modo troppo ristretto l'ambito delle cose che un papa può temere. Faccende come "Vatileaks" sono naturalmente fastidiose  e, soprattutto, risultano incomprensibili e irritanti in sommo grado alle persone in ogni angolo del mondo».  

E qui dissipa ogni dubbio sul fatto che "Vatileaks" non abbia avuto alcun ruolo nelle sue dimissioni, come peraltro già affermato nel libro sempre curato da Seewald, "Ultime conversazioni", edito da Garzanti nel 2016. 

Benedetto prosegue quindi: 

«Ma la vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino, non viene da questo genere di episodi: viene invece dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l'esclusione dal consenso di base della società. Cento anni fa chiunque avrebbe ritenuto assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l'aborto e la produzione di esseri umani in laboratorio. La società moderna intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Avere paura di questo potere spirituale dell'Anticristo è fin troppo naturale e occorre davvero che le preghiere di intere diocesi e della Chiesa mondiale vengano in soccorso per resistervi».   

Sta alla Chiesa adesso, ed alla sua gerarchia, far tesoro delle parole, oltre che di un papa, anche di un eminente teologo e di un acuto pensatore come Joseph Ratzinger.   

Prima che sia troppo tardi.    

E pur comprendendone le posizioni, non possono essere condivisibili le parole dell'ex vaticanista Aldo Maria Valli: no, Roma non è senza papa.    

Il papa c'è. Ed è uno solo.  

 

 

     

 

La copertina del libro di Benedetto XVI, "Per amore", edito da Cantagalli nel 2019. Si può osservare, sotto il titolo, la sigla PP nella firma autografa.

 
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