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Post n°182 pubblicato il 05 Dicembre 2024 da daniela.g0
Tag: Benedetto Strampelli, blebite, ciclodiastasi, endoftalmite, farmaci off label, filo Supramid, Gesuiti, glaucoma, John Edward Cairns, MIGS, Mitomicina C, needling, pressione intraoculare, ptosi, RCT, SLT, trabeculectomia Particolare della Tilma raffigurante il volto della Beata Vergine di Guadalupe
Premessa Non potrei concludere questa serie di articoli dedicati a una patologia molto diffusa e invalidante come il glaucoma, senza aggiungere delle ultime, necessarie osservazioni. Sul glaucoma e sulle terapie attualmente disponibili per i pazienti, rimangono moltissimi dubbi. In particolare, uno di essi riguarda la trabeculectomia, considerata universalmente da sessant'anni il gold standard per la chirurgia del glaucoma. E' molto difficile che in medicina una tecnica chirurgica rimanga pressoché invariata per così tanto tempo. Tanto meno quando essa risulti essere così invasiva: basti pensare che prevede - oltre alla creazione di una fistola - persino l'asportazione di una piccola porzione di iride, l'iridectomia. Ma tutto ciò che è vero per la cura delle altre patologie, non lo è più quando si parla di glaucoma. In Italia nessuno sembra porsi molti dubbi sull'uso di questa tecnica chirurgica. Dall'altra parte dell'Oceano, tuttavia, si può trovare qualche oftalmologo disposto a mettere tale metodica almeno in discussione. David Richardson è uno specialista della cataratta e del glaucoma che lavora nella grande area metropolitana di Los Angeles. Richardson ritiene che la trabeculectomia sia ormai superata e non più adatta alle necessità del tempo presente. Infatti afferma: «La trabeculectomia è difficile da controllare perché tutto quel che riguarda l'intervento e il periodo postoperatorio viene fatto manualmente. La restrizione del flusso è sempre "stima approssimativa". Quindi il paziente può finire con pressioni troppo alte o troppo basse. Se le pressioni sono troppo basse, si può finire con una maculopatia ipotonica. Il successo della trabeculectomia dipende interamente dalla bozza filtrante: è stato necessario sviluppare metodi per impedire al corpo di fare ciò che naturalmente vuole fare, ovvero guarire se stesso. Quindi si gettano "veleni" (quelli che comunemente vengono definiti antimetaboliti, perché veleno non suona bene). Si gettano antimetaboliti, come Mitomicina C, 5-Fluorouracile, nell'occhio del paziente durante l'operazione e questo impedirà all'occhio di guarire. E in effetti quando si impedisce all'occhio di guarire, ciò che consente alla bozza di rimanere funzionante consente anche ai batteri potenzialmente di entrare, di penetrare il tessuto che non può guarire. Quindi i pazienti che hanno subìto una trabeculectomia saranno a rischio di infezione per tutta la vita. Quel rischio di infezione non scomparirà mai finché avranno una bozza attiva e funzionante. Se la creazione della bozza filtrante sottocongiuntivale poteva essere accettabile negli anni Sessanta, su pazienti molto anziani che conducevano una vita ritirata in casa, non è più concepibile oggi su pazienti giovani o su anziani molto attivi. Dire di smettere a un surfista di sessant'anni - secondo quanto afferma Richardson - che cavalca abitualmente onde alte il doppio del soffitto, è come ucciderlo. Perché? Perché non vorrà più vivere. La bozza infatti è un "amico scomodo", che deve essere mantenuta pulita, protetta da qualunque trauma e portata a continui controlli. Pena la perdita totale e repentina della vista. E' evidente allora che la creazione di una bozza risulti sconsigliabile su uno sportivo o su un uomo anziano che conduce una vita ancora molto attiva.» E non solo. Il rischio di fallimento della bozza a causa del naturale processo di cicatrizzazione dell'organismo è alto, soprattutto in pazienti giovani. In tal caso si deve ricorrere anche a una procedura chiamata needling, che consiste nello sbrigliamento delle aderenze cicatriziali mediante "un finissimo ago". Almeno, così viene scritto nelle schede informative destinate ai pazienti e in tutti quei siti oculistici che accennano a tale procedura. Ma se si va a indagare più a fondo, ci si accorge come l'ago in questione non risulti essere così sottile: il calibro può variare da 25 gauge a salire, mentre un normale ago usato comunemente nelle iniezioni possiede un calibro pari a 20 o 21 gauge. Ciò significa che il diametro dell'ago di 25 gauge, che è la misura più usata per il needling, è di 0,50 millimetri, mentre generalmente per flebo si usa 20 o 21 gauge: rispettivamente 0,90 e 0,80 millimetri. La differenza non è molta se si considera che l'ago da 0,50 millimetri viene utilizzato sui delicatissimi tessuti oculari. L'ago piegato da 25 gauge viene fatto avanzare nello spazio sottocongiuntivale adiacente al lembo sclerale e utilizzato per rompere le aderenze episclerali e sollevare il lembo, entrando nella camera anteriore. Quindi viene iniettata Mitomicina C (0,4 mg/mL) nello spazio sottocongiuntivale adiacente alla bozza. Qui il video con la procedura.
Needling per fallimento della bozza filtrante dopo intervento di trabeculectomia
Questo ci fornisce l'idea della effettiva invasività del trattamento, nonostante le dichiarazioni spesso rassicuranti in merito. D'altronde l'endoftalmite, l'infezione oculare che può condurre a perdita della vista, è uno dei rischi più temuti del needling: procedura che viene solitamente accompagnata o seguita da un'iniezione sottocongiuntivale di farmaci chemioterapici: Mitomicina C o 5-Fluorouracile, che ne aumentano i rischi di complicanze anche gravi. Secondo Richardson è giunto ormai il momento di pensare a interventi chirurgici per il glaucoma innovativi e propone alternative senza bozza filtrante, come la canaloplatica o l'uso di una MIGS (chirurgia mininvasiva del glaucoma) che non crei bozze e non lasci dispositivi permanenti all'interno dell'occhio: la viscocanaloplastica ab interno (ABiC). Poiché il target pressorio raggiungibile con questa MIGS è circa 16 mmHg, si potrebbe pensare di affiancare la stessa con l'uso di un laser micropulsato come MicroPulse P3 (MP3), se dovesse essere necessario raggiungere target pressori più bassi [se il target pressorio ricercato per il singolo paziente lo permette, è preferibile usare livelli di energia più bassi per ridurre al minimo le complicazioni e permettere una maggiore ripetibilità del trattamento nel tempo, n. d. r.]. Come riporta ancora Richardson, un paziente su cinque sottoposto a trabeculectomia potrebbe ritrovarsi con ptosi (abbassamento della palpebra). Se ciò dovesse risultare vero, vorrebbe dire anche che i dati sull'incidenza di ptosi dopo la chirurgia del glaucoma, riportati in molti studi clinici, siano sottostimati. Nonostante gli stessi studi diano per scontato come "la ptosi sia una conseguenza ben nota della chirurgia del glaucoma". E se risulta vero che una ptosi lieve non mette a rischio la vista, è anche vero che essa ha un impatto molto significativo sulla vita del paziente. Sappiamo come la ptosi non sia l'unico rischio dopo la chirurgia del glaucoma: sono molteplici i gravi rischi intra operatori e post operatori che mettono a repentaglio la vista. Gran parte della comunità scientifica che si occupa di glaucoma non sembra tuttavia porsi seri interrogativi sui gravi rischi per i pazienti provocati dalla creazione di una bozza filtrante e continua trionfalmente a presentare come "mininvasivi" tutti quegli interventi chirurgici per il glaucoma che prevedono la presenza della bozza sottocongiuntivale. Interventi che produrrebbero "un impatto minimo sulla qualità di vita del paziente": affermazione tutta da verificare quando si tratta di MIGS (chirurgia mininvasiva del glaucoma) creanti una bozza filtrante, con la successiva gestione postoperatoria della bozza, le procedure di needling, la possibile revisione della stessa e tutte le gravi complicazioni che potrebbero presentarsi all'improvviso. Dimenticando inoltre come la gran parte delle MIGS - anche quelle che non creano una bozza - lascino comunque dei dispositivi permanenti all'interno dell'occhio: dispositivi abbandonati nell'occhio del paziente, di cui non sappiamo la sicurezza a lungo termine, anche quando - in genere dopo quattro o cinque anni - l'efficacia dell'intervento sarà ormai finita. Mentre qualcun altro considera le MIGS dotate di "un profilo di sicurezza estremamente elevato". Queste affermazioni provenienti da personale medico specializzato giungono nonostante non esistano RCT (Randomized Controlled Trials) che provino l'efficacia e la sicurezza della maggior parte delle MIGS. Viene inoltre affermato che la bozza filtrante sia l'unico modo possibile per raggiungere target pressori molto bassi. Ma se questo è vero, e lo è sempre stato, allora perché mai Google ha tanta paura di ricordare la ciclodiastasi a filo di Supramid ideata dall'oftalmologo italiano Benedetto Strampelli? Forse perché questo intervento si era rivelato molto efficace per abbassare in modo soddisfacente la pressione intraoculare? Sfruttava la via sovracoroideale per il deflusso dell'umore acqueo senza creare una bozza filtrante e usava un filo che attualmente viene usato in chirurgia plastica e che possiede caratteristiche di tenuta a vita. Il filo di Supramid scorre tra i tessuti con pochissimo trascinamento, viene inglobato in essi ed è ben tollerato: dunque riduce di molto il danno ai tessuti. Strampelli insieme con Marchi già nel 1969 aveva messo a punto una tecnica chirurgica di ciclodiastasi per introflessione sclerale; in fisiologia, introflessione letteralmente significa: "ripiegamento di un organo o una parte di esso verso il suo interno". Anche se non ci è dato di poter consultare le pubblicazioni del grande oftalmologo romano, ciò significherebbe che, per passare il filo di Supramid, con la sua tecnica innovativa Strampelli non aveva necessità di praticare incisioni sui tessuti ma soltanto una introflessione sulla sclera. Malgrado questo, sul prof. Strampelli è calata come una scure affilata la censura: per fare solo un banale esempio, non troverete traccia alcuna del mio articolo precedente se andrete a effettuare una ricerca su Google, DuckDuckGo, Bing o altri motori di ricerca cosiddetti "alternativi". Se provate a digitare invece la parola "trabeculectomia", troverete un'infinità di risultati. Addirittura qualche addetto ai lavori nelle recensioni sulle strutture sanitarie scrive di una fantomatica "guarigione parziale" a seguito di un intervento di trabeculectomia bilaterale, quando è ben noto che la pressione intraoculare sia solo un fattore di rischio per il glaucoma e non la causa di esso. La trabeculectomia quindi non può guarire nessuno, ma solo, eventualmente, rallentare la progressione del danno al nervo ottico e il conseguente peggioramento del campo visivo.
La trabeculectomia consiste nell'asportazione di un tassello di tessuto sclero-corneale delle dimensioni di circa 1 X 3 millimetri per creare una fistola all'interno dell'occhio
Ma chi fu l'ideatore della diffusissima trabeculectomia? Facendo delle ricerche, troviamo che a mettere a punto questo complesso quanto altamente invasivo intervento fu l'oftalmologo britannico John Edward Cairns. Cairns, proveniente da una famiglia facoltosa, studiò al Mount St Mary's College, un collegio fondato nel 1842 dai Gesuiti nel Derbyshire e al St Thomas's Hospital Medical School e si laureò in medicina nel 1923 alla giovane età di 22 anni. Si trasferì in Israele per tredici anni dove prestò servizio al grande e moderno Eye Hospital di Gerusalemme ma fu costretto a lasciare la città sul finire degli anni Sessanta, allorquando fu scatenata una persecuzione contro i britannici a causa delle vicende del Canale di Suez.
Necrologio in occasione della morte di John Edward Cairns (British Journal of Ophthalmology 1986;70:479-480. Pubblicazione del numero online: 13 febbraio 2017)
Oggi la trabeculectomia, la cui tecnica ha subito alcune variazioni da allora, viene completata - come ricorda Richardson - con l'aggiunta di un farmaco off label: la Mitomicina C. È utilizzata per inibire la cicatrizzazione dei tessuti oculari intorno alla bozza ma sappiamo come essa provochi danni irreversibili ai tessuti stessi e come il suo uso avvenga ormai di routine anche su pazienti anziani, in cui la cicatrizzazione è notoriamente scarsa. Ciò espone i pazienti a un rischio maggiorato di endoftalmite, la temutissima infezione a carico dell'occhio che può provocare la perdita totale della vista in poco tempo. Non solo: anche il rischio di ipotonia è maggiorato, e con essa, l'affacciarsi di gravi complicazioni, come il glaucoma maligno, la maculopatia ipotonica, la blebite (infezione della bozza che può evolvere in endoftalmite), l'emorragia sovracoroideale. Tutte complicazioni che portano alla cecità irreversibile se non si interviene in tempo. Ma quando anche si intervenga in tempo, è comune una grave e irreversibile perdita della vista. Davvero una brutta beffa per chi ha affrontato la chirurgia oculare con la speranza di salvarsi la vista. E allora perché usare ancora la Mitomicina C, in particolare sui pazienti anziani? E non solo sugli anziani, considerati i gravissimi e noti rischi che il suo utilizzo comporta. Un video, fra i tanti sul web, recentemente mi ha molto colpita. È stato realizzato durante un intervento di trabeculectomia eseguito dall'oftalmologo indiano Siddharth Dikshit, che commenta successivamente il video corredato anche da didascalie. Al minuto 29:32 compare all'improvviso, accompagnata dalle spiegazioni del medico, la scritta: Mitomycin C Application. E subito dopo: Deal of the Devil. Proprio così. Deal of the Devil: Patto col diavolo.
Blebite: infezione della bozza filtrante Endoftalmite (Lemley e Han. Endophthalmitis. Retina 27:662-80,2007)
A pensarci bene, Cairns non studiò forse dai Gesuiti? Molti degli esponenti più in vista della nostra società odierna provengono anche loro da studi compiuti nelle famose scuole dei Gesuiti. Da Mario Draghi a Sergio Mattarella, da Carlo Azeglio Ciampi a Giuseppe Conte, la lista è lunga. Anche Beppe Grillo ha frequentato non molto tempo fa circoli gesuitici, mentre è stato proprio un gesuita a pronunciare l'invocazione all'insediamento di Joe Biden come presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 2021. Certo, questo non significa proprio nulla. Ma qualcosa, da irriducibili "complottisti" quali siamo, alimenta comunque le nostre fantasie. Anche Jorge Mario Bergoglio ha studiato dai Gesuiti. E sappiamo bene in quali condizioni versi oggi la Chiesa Cattolica. Terminata questa parentesi, che spero mi perdonerete, cercherò d'ora in poi di essere il più possibile imparziale e obiettiva: mi baserò unicamente sui dati scientifici disponibili, come si convenga a un articolo serio, che tratta di argomenti scientifici altrettanto seri e delicati.
Fine prima parte. Qui la seconda parte dell'articolo.
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Inviato da: daniela.g0
il 27/03/2024 alle 21:52
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