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Poi lei si rigirò ...

Poi lei si rigirò su un fianco,
posò il capo sul mio braccio.
La guardai.
Tutto il cielo e la terra
si specchiavano nei suoi occhi.
Seguitammo a guardarci.
Mi pareva che avrei potuto
annegarci nei suoi occhi.
Poi l’accarezzai sul viso,
ci baciammo, la trassi a me.
La strinsi.
Con l’altra mano
le frugavo fra i capelli.
Fu un bacio d’amore,
un lungo bacio di puro amore.

…

Questi versi, attribuiti a Charles Bukowski, non sono presenti nelle sue raccolte ufficiali. Mi sono chiesto: è così importante verificarne l’attribuzione o, piuttosto, scorrere con dedicata lentezza, osservare – immersi in un silenzio quasi irreale che stordisce in profondità i propri sensi - questo componimento che descrive minuziosamente momenti di profonda e intensa intimità fra amanti, soffermandosi su immagini seducenti, stimolanti, emozionanti e coinvolgenti, in ultima analisi vissute in un ambiente suggestivo?

Amanti che si lasciano andare al sottile e profondo piacere di quel contatto fisico, lo sguardo che si dilata a dismisura come se in esso fosse contenuto l’intero universo, un’immagine che conduce direttamente in quell’idea dell’amore simile a un’esperienza unica, totalizzante.

Un’esperienza che trasforma un gesto naturale com’è il bacio fra amanti, in un’osmosi profonda e duratura, piacevole ed elettrizzante, un intreccio fisico che nella sua espressione finale sancisce quanto sia determinante, unico e travolgente un sentimento come l’amore.

E altro, tanto altro che in itinere diventa così vario e appagante, in cui si perde il senso della realtà, una completa immersione in un mondo prima immaginato, poi vissuto e realizzato con un «semplice» bacio.