Tracce di rossetto.

Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno...


Il fragore dei tuoni oltre il campo sportivo, imbiondito dai colori tenui dell’autunno incipiente attutiva i singhiozzi del pianto di Monia. Ignara della mia presenza dietro la porta del bagno. L’abbaiare insistente di Laika dirottò le mie attenzioni altrove, sull’uscio, dove il portalettere, con stampati in volto i segni evidenti del panico, a gesti mi indicava un registro sul quale apporre la firma di ricezione di un pacco, di piccole dimensioni.Mi affrettai a firmare, reggendo con la mano sinistra il mio cane inferocito, augurando al portalettere: “Mi scusi e grazie per la pazienza!”. Uscendo di corsa dal cortile, mi intimò: “Fate curare Monia, perché così non può andare avanti.”Ripetei dentro me, mille e più volte quelle poche parole, mentre la pioggia battente, infiltrandosi da alcune fessure del tetto, penetrava persino nel mio spirito, profondamente turbato. Per un istante rividi i momenti salienti della mia infanzia spensierata insieme a Monia e del suo lento, inesorabile mutamento, che l’aveva trascinata sull’orlo del precipizio della vita.Monia, la piccola bomba pasciuta e paffuta, che nascondeva le sue floride guance rubescenti tra le ciocche sparse di una folta chioma castana, era divenuta l’ombra di se stessa, un esile fuscello magro e avvizzito, senza grazia alcuna. Era una giovane senza tempo, senza età, scavata nel volto e nelle mani da profondi solchi, che denotavano la sua magrezza e la sua sofferenza.Monia che pervicacemente aveva ancorato i suoi sogni ad un porto insicuro, era stata sospinta in mare aperto, sotto i colpi di un violento fortunale, che l’aveva portata alla deriva. “Non posso garantirti un futuro, Monia, sono troppo vecchio per te, che sei nel fior fiore della vita. Meriti un uomo, che ti dia un avvenire. Non sono io quell’uomo.” Dopo tanti anni Monia vide dileguarsi il suo sogno d’amore e fu così che per lei iniziò il calvario. Non ricordo come e quando, ma all’improvviso Monia cominciò a spegnersi, rifiutando le uscite con le amiche, per trascorrere gran parte del tempo, sdraiata sul letto con lo sguardo assorto oltre i vetri della finestra. Per distoglierla da quel pensiero fisso le preparavo spesso la torta con le mele renette, che nonna ci cucinava, ogni volta che trascorrevamo il fine settimana in campagna, da lei. Il profumo di mele e vaniglia, che pervadeva la cucina, mentre la torta lentamente si rigonfiava nel forno, non solleticava più l’ingordigia di Monia, che un po’ per volta instaurò con il cibo una battaglia senza quartiere.Il portalettere non mente. Monia che ha riversato sul cuscino gli ultimi afflati d’amore, non vuole più mangiare, perché non crede più nella vita. Nella sua stanza risuonano incessantemente le strofe di una leggendaria canzone di De Gregori… “E con le mani amore, per le mani ti prenderò e senza avere paura nel mio cuore ti porterò…”“Monia sei troppo magra, andiamo, ti accompagno io, dove possono prendersi cura di te…”Oggi ho avuto il coraggio di parlare con lei, per la prima volta, come non mai.