Per me

Post N° 383


Spesso ho letto e sentito dire che scrivere è terapeutico. Specialmente se si tratta di scrivere i propri pensieri riguardanti situazioni del passato, più o meno vicino, che siano rimaste in qualche modo in sospeso, come in una sorta di stallo. Qualche anno fa ho sentito una canzone, il cui titolo richiamava fortemente a questa idea: "Unsent"."Mai spedito". Si trattava di una serie di pensieri che la cantante  (adesso non ricordo il nome) rivolgeva a figure del suo passato con cui non vi era mai stato alcun chiarimento, ed in qualche astruso modo ad anni di distanza, cercava di mettere un punto ad ogni situazione, per poi lasciarle indietro. Mi sono domandata quante lettere -mai spedite- avrei avuto da scrivere. Amicizie interrotte bruscamente a seguito di incomprensioni, rapporti logori lasciati indietro senza un apparente motivo, sfoghi carichi di rabbia e recriminazioni mai digerite. Aspettative deluse...Rimpianti... Scuse (pochissime in verità), che non ho mai avuto il coraggio e la forza di formulare. Nero su bianco, mi apparivano improvvisamente molto chiare. Ma il destino di questi pensieri rimane sempre lo stesso:una sorta di crudele consapevolezza che il passato è già stato scritto e che queste parole non servono più, se non a te stessa... Lettere mai spedite, parole mai lette... E allora forse la domanda che sorge spontanea è un’altra: abbiamo bisogno di trovarci a rivivere alcune situazioni, seppur dentro di noi, per lasciarle definitivamente indietro? La nostra coscienza ci porta a confrontarci coi cosiddetti -fantasmi del passato- per esorcizzare il senso di irrisolto che ci siamo portati dietro negli anni? Eppure, nonostante questa esigenza, a volte impellente,finiamo sempre per tirarci indietro, per non trasformare il nostro desiderio in azione, scegliendo di archiviare quei pensieri in un recondito spazio interiore, consci che il tempo cambia la realtà esterna delle persone e che, forse, è troppo tardi....Clo(Cliccare per visualizzare intera)