Newsletter An Tv

FINI A TREVISO


C'era chi era arrivato un'ora e mezza prima per prendersi un posto nelle prime file. E ha avuto ragione, perché alla fine la sala convegni dell'hotel Maggior Consiglio era strapiena quando Gianfranco Fini ha cominciato a parlare davanti a una platea di 500 persone, fra coloro che erano riusciti a sedersi e coloro che sono rimasti in piedi. È passato dall'economia alle tasse, dall'immigrazione al federalismo e all'unità nazionale, strappando applausi in più occasioni. Ad accoglierlo c'erano tutte le più alte cariche istituzionali della provincia: dal prefetto al questore a comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza. E c'erano, ovviamente, anche tutti gli esponenti principali del partito: il coordinatore regionale Alberto Giorgetti, il presidente provinciale Carlo Manfrenuzzi (al quale Fini ha riservato anche un paio di citazioni durante il suo discorso), l'onorevole Gustavo Selva (presidente della commissione Esteri e candidato al Senato, che di Treviso ha fatto la sua patria adottiva) e molti altri, a partire da Maurizio Castro, direttore generale dell'Inail e candidato alla Camera. Soffermandosi a parlare di alcuni dei temi principali della cronaca di questi giorni, prima di prendere la parola in sala, Fini ha affrontato di petto anche la questione dell'immigrazione. Una questione che ha diviso il Governo, con la Lega che ha chiesto a gran voce l'intervento delle Forze dell'ordine per espellere dall'Italia tutti i clandestini che nei giorni scorsi hanno fatto la coda davanti alle Poste: «La legge è molto chiara e prevede che il permesso di soggiorno sia garantito solo a chi ha un contratto di lavoro. Se, cosa certamente vera, tra coloro che erano in fila c'erano anche lavoratori extracomunitari privi del permesso e che non avranno il contratto di lavoro, non c'è ombra di dubbio che bisognerà procedere alla loro espulsione». Il vicepresidente di Confindustria Pininfarina ha detto che, anche sulla base degli indicatori resi noti da Bankitalia, l'Italia rischierebbe di allontanarsi dal gruppo dei paesi più industrializzati e addirittura di uscire dal G8. Ha esagerato? «Sì, a meno che non disponga di elementi che a me sono sconosciuti. Il vero problema non è collegato ai numeri di Bankitalia, è che in proiezione, ma nell'arco di molti anni, gli otto Paesi più industrializzati del mondo saranno sempre di meno europei, perché il ritmo di crescita di altri Stati, penso alla Cina e all'India, è talmente forte rispetto alla bassa crescita che ha complessivamente l'Europa da far paventare un indebolimento non solo per l'Italia ma anche per Paesi come Francia e Germania». Treviso è stata una terra nella quale sono cresciuti molti movimenti autonomisti e An ne ha spesso risentito sotto il profilo elettorale. Come pensa di ovviare a queste maggiori difficoltà? «È chiaro che non si può fare una politica valida in Calabria come a Treviso. An non ha subito ma ha condiviso la riforma della devoluzione, però ha ottenuto che fosse rafforzato nella Costituzione il concetto di unità nazionale che era stato cancellato dalla sinistra». Poi Fini entra in sala salutato dal primo dei tanti applausi che hanno interrotto il suo discorso. Parla anche del faccia a faccia di martedì fra Berlusconi e Prodi e non fa retromarcia rispetto al suo primo commento. Anzi, lo conferma dicendo che Berlusconi ha sbagliato a dire che tutto funziona: «Bisogna dire la verità e dire che questo governo ha fatto molto ma che in questi anni qualcosa non è andato bene». (da Il Gazzettino di Treviso del 18 marzo 2006)