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Ha vinto la sinistra del No!


La sinistra del no, la sinistra dell’immobilismo e della conservazione, la sinistra che vuole blindare l’Italia nei vecchi riti che le garantiscono il massimo delle rendite delle posizioni, ha vinto la sua battaglia e confermato la sua indiscutibile abilità nel demolire. La “sorpresa ”in cui sperava la Casa delle libertà non c ’è stata.La scarsa o nulla mobilitazione dell’elettorato del centrodestra nel Sud e la partecipazione bulgara di quello dell’Unione nelle sue roccheforti (l’Emilia Romagna è prima per affluenza) hanno determinato un risultato secco: oltre il 60 per cento al No; Sì al 40.E se qualcuno si illudeva che la bocciatura della riforma potesse essere –come l’Unione aveva promesso per tutta la campagna elettorale – l’apripista di un confronto serio per riforme condivise, ha dovuto disilludersi già ieri.A seggi appena chiusi, Paolo Cento ha dato il via a una serie di dichiarazioni contro ogni ipotesi di revisione costituzionale in questa legislatura. Non è stata solo l ’ultrasinistra a parlare, ma anche autorevoli esponenti diessini. A cominciare da Vannino Chiti, ministro delle Riforme, che ha detto chiaro e tondo che adesso la priorità dell’Unione, quella indicata dal programma, è «l’innalzamento del quorum per approvare riforme costituzionali ». Insomma, Chiti chiede norme che rendano ancora più difficile l’iter di una eventuale proposta di rinnovamento, nascondendosi dietro l’esigenza di non consentire mai più modifiche a colpi di maggioranza.Inutilmente Romano Prodi ha cercato, in serata, di riequilibrare la bilancia indicando proprio Chiti come l’incaricato di aprire “un tavolo ”con l ’opposizione. Il copione per il dopo-referendum era già scritto: l’Unione non potrà permettersi molto di più di vane chiacchiere se non vorrà scontrarsi con il “fuoco amico ”di una parte dei Ds e di quasi tutta l ’ultrasinistra.Lo scenario del dopo-voto, insomma, per il momento non presenta le novità su cui si era fantasticato a lungo, a cominciare dal possibile distacco della Lega dalla Cdl per avviare “trattative separate ”con la maggioranza, e magari spezzare la logica dei blocchi anche su altri temi. «Si va avanti comunque », dice Umberto Bossi, cercando di incoraggiare i suoi con l’esempio della Scozia e del Galles, che solo dopo anni di tentativi a vuoto hanno raggiunto i loro obiettivi. Ma sul dialogo non si illude nessuno: dopo gli insulti di cui è stato bersagliato Calderoni, sarà ben difficile riconvertire l’asse dei rapporti tra il Carroccio e l’attuale maggioranza di governo.Le reazioni di Alleanza nazionale tendono più ad analizzare il risultato che a condannarlo. C’è soddisfazione per la vittoria del Sì nell’area del lombardo-veneto, che conferma la tensione riformista dei ceti e delle zone geografiche dove c’è una mentalità da economia dinamica e si hanno più chiari i limiti dell’attuale ordinamento delle istituzioni. La destra invita soprattutto a riflettere sull’esito del voto per capirne la portata: «È presto per dire che è finita la stagione delle riforme in Parlamento, ma certo le motivazioni e i nodi con cui il centrosinistra ha fatto votare No sono motivo di preoccupazione ». (da Il Secolo d’Italia di martedì 27 giugno 2006)