Esperienzaemozionale

Lettera


 Onorevole Elsa Fornero,Il mio nome è G......., sono nato nel 1..., in una famiglia dove esisteva solo il necessario, in gioventù non ho mai conosciuto le ferie, né tutto ciò che non fosse strettamente collegato alle necessità primarie, qualsiasi cosa si scostasse da queste era frutto di notevoli sacrifici e difficilmente raggiungibile. Il mezzo di locomozione della famiglia era una bicicletta ereditata. L’unico lusso eccezionale che mio padre si concesse fu l’acquisto di un vecchio motorino usato, ” Malaguti”, comprato negli anni 70, che usava prevalentemente per recarsi a pescare l’unico giorno libero di cui disponeva. Non esisteva festività con uscite fuori porta o shopping, tutto ruotava attorno a ciò che era necessario per vivere. Ho iniziato presto a lavorare, avevo circa sedici anni, in una ditta di macchine agricole dove ho compreso il significato e il valore della parola “fatica e sacrificio”. Nonostante questo, guadagnare uno stipendio mi ha permesso di migliorare qualitativamente l’esistenza. Ha diciotto anni ho perso la famiglia. Riguardando indietro alla vita dei miei familiari e confrontandola con la mia, penso di essere stato favorito, tuttavia tale privilegio ha richiesto trent’anni di sacrifici per entrare in possesso di una casa, sacrifici che hanno comportato prevalentemente rinunce: spesso alle ferie, a piccoli desideri, trovando sempre compromessi o rivolgendosi, quando possibile, prevalentemente verso l’usato. Pensavo che dopo aver saldato il conto per l’abitazione sarebbe rimasto qualcosa in più per vivere meglio e poter soddisfare tutto ciò a cui, nel tempo, ho rinunciato o rimandato però è arrivato l’Euro, e con esso un netto calo del mio potere d’acquisto, non credo sia errato definirlo superiore al 40%, riducendo le possibilità già esigue. Terminato di pagare le quote per la casa, mia figlia ha iniziato l’università, così una buona fetta delle entrate recuperate dalle rate del mutuo si sono trasferite per le sue necessità. Tutto quello che scrivo, non è per lamentarmi, qualitativamente la mia vita è stata sicuramente migliore di quella dei miei genitori, tuttavia, quando sento che è terminato il periodo di vacche grasse, mi chiedo se io fossi distratto quando è accaduto, poiché non mi sembra di averlo mai vissuto realmente questo periodo… Certamente voltandomi indietro mi sento fortunato, posso vedere molta disperazione dietro di me, persone con uno stipendio/pensione di 500/800 euro mensili, per non parlare di chi è senza lavoro né casa. Tuttavia c’è qualcosa che stona pesantemente nell’attuale società, in quanto, se rivolgo lo sguardo di fronte a me, vedo enormi privilegi, sfarzo e spreco smisurato. Non che possedere ricchezza, quando questa è stata onestamente acquisita, sia negativo, lo è l’avidità, l’avarizia, e la mancanza di equità. Ora, dopo trentatré anni di contributi versati, iniziavo a programmare l’idea di arrivare verso i sessant’anni a percepire una dignitosa pensione e poter godermi serenamente e senza l’incubo dei turni, degli orari, delle esigenze lavorative il rimanente della vita. Questo purtroppo sembra progressivamente scomparire e comunque, quando accadrà probabilmente la pensione sarà drasticamente ridotta rispetto allo stipendio, tanto da non assicurarmi un’adeguata qualità di vita. La mia situazione è paragonabile a quella di gran parte della gente di questo paese, la quale vive con uno stipendio di 1000/1400 euro mensili, dalla quale togliere le spese per le varie bollette, quando non la rata del mutuo o dell’affitto e tutto ciò che rientra nelle necessità mensili, sempre più care, tanto da non permettere l’accumulo di qualcosa per gli imprevisti, che sono sempre più visti come una disgrazia, a volte insuperabile ma frequente. Come già scritto mi ritengo un privilegiato, perché lavoro sia io che mia moglie e percepisco uno stipendio, finora sono sempre riuscito a far fronte alle necessità, anche se a volte è stata dura. Per certo io non ho mai visto le: ” vacche grasse”, questo mi pone in una condizione in cui i sacrifici sono conosciuti e parte della mia esistenza, rendendomi più forte di fronte ad altri che possono aver vissuto qualitativamente meglio di me in precedenza e che si sono visti ridurre drasticamente le loro possibilità. Certamente la mia condizione è frutto di mie scelte, incapacità, limiti forse, i quali non mi hanno permesso di emergere e migliorare, per spostarmi a un livello socioeconomico superiore, e di questo non incolpo nessuno tranne me stesso, perciò l’accetto e mi adeguo.Sono consapevole che nella vita a pagare sono sempre i più deboli, poiché non possono difendersi, è la loro condizione, so anche che la manovra varata e necessaria, non è ne la più giusta e nemmeno la più equa, come so che non dipende totalmente da chi l’ha presentata tale iniquità, bensì da forze e gruppi di potere che ne condizionano l’esito. Tutto ciò però non m’impedisce di prefigurarmi un mondo dove ultrasessantenni ricoprono lavori inadeguati per la fatica richiesta, riesco a vedere 65/70’enni in un reparto ospedaliero a dover ricoprire turni, notti e lavori con un carico di lavoro sproporzionato per loro, difficilmente posso immaginare gente in fonderia, operai stradali, muratori e via discorrendo prestare il loro servizio a quell’età. Già oggi miei colleghi vicinissimi alla pensione, li scorgo stanchi, demotivati, incapaci di rendere adeguatamente, all’opposto di conseguenza, immagino sempre più giovani senza lavoro. Quello che io e molti attorno a me percepiscono, è un enorme divario fra chi legifera e chi quelle leggi deve subirle, una totale mancanza di reale comprensione della realtà a cui tali leggi sono applicate, e una non meno indifferenza. Sembra, e forse è così, che i politici non si rendano conto di cosa significhi sopravvivere con una pensione di 800 euro, cosa significhi vivere realtà che per loro sono sconosciute, o al più vissute per sentito dire più che per tangibile conoscenza, rendendo così ogni scelta e decisione sterile e priva di rigor di causa, indifferenti a quello che queste scelte comportano per chi le deve affrontare giornalmente. Proprio questo mi ha spinto a scriverle, Sig. Fornero, dopo averla vista nella presentazione della manovra pensionistica, mi ha colpito, dimostrando una sensibilità finora sconosciuta ai politici e, nell’incapacità di proferire la parola: ” sacrifici”, ha dimostrato di conoscerne il significato. Questo l’ha resa più umana e molto più vicina a tutta quella collettività che anche lei rappresenta. Personalmente conosco poco di chi lei sia, so che rappresenta uno di quei personaggi importanti della nostra società, lontani anni luce da noi i quali tramite una legge possono, schiacciando un pulsante, incidere negativamente o positivamente sulle nostre vite. So anche, dopo averla vista e ascoltata, che di questo lei ne è consapevolmente cosciente e coinvolta emotivamente, al contrario di quanto tutti gli altri finora hanno dimostrato ampiamente, con i fatti e non tanto con le parole, di cui ci si spreca. Ovviamente, questo non cambia il risultato, ma la rende di fronte a noi: “Piccoli”, una persona apprezzabile e più vicina empaticamente, come lo è stata l’azione del Presidente del Consiglio Dott. Monti, con il suo gesto di rinunciare alla rendita dei suoi incarichi. Certamente queste cose non mutano il frangente, ma vi rendono più vicini alle persone che giornalmente subiscono la durezza del vivere.  Per questo ho voluto scrivere questa lettera, per ringraziarla dell’umanità dimostrata e chiedendole di continuare a mantenerla, nonostante l’incarico che riveste, nonostante i luoghi e il prestigio, la condizione che vive, ricordandosi giornalmente di quanto il suo agire possa influire sulla società, soprattutto quella più umile e debole, cercando, nonostante le innumerevoli forze che potranno indurla ad agire diversamente, ad ascoltare quella voce interiore di cui ognuno dispone, la quale al di sopra della convenienza sa informarci di cosa sia giusto e cosa non lo sia.Cordialmente la saluto G. M.