Esperienzaemozionale

nemads


Deerees nemads in the mongolian skies
Filmakingfarm con il paramotore sulle steppe mongole e su un Gobi senza precedentiTalvolta puoi solo sforzarti e raccontare, sapendo benissimo in partenza che le parole stampate sulla carta non saranno mai altro che un accontentarsi, un tentativo per costringere l'instabile immagine riflessa su uno specchio d'acqua a perdurare in eterno.Così, cercare di riprodurre le fortissime sensazioni provate sorvolando le sconfinate distese della terra mongola è senz'altro una partita persa fin dal principio che riesce benissimo, però, a farmi contrarre -ancora adesso- le interiora. In senso fisico. Un'esperienza che non si dimentica e che chi non vola non potrà mai capire.Perchè quando sei lassù in alto, senza i soliti punti di riferimento che istintivamente cerchi quando sei per terra, ti accorgi di avere un altro paio d'occhi, vedi luci ed ombre che stanno nascoste quando ti limiti a camminare su una strada; sono luci ed ombre che colpiscono il mondo, le cose, il movimento, facendogli assumere forme diverse, ti accorgi di guardare il circostante da un altro punto di vista, assolutamente privilegiato, in ogni caso unico. Forse l'unica cosa che mi manca in quel momento è la possibilità di condividere le sensazioni che sto provando con qualcun altro ma se, come è successo in Mongolia, capita di essere a zonzo per il cielo in un paese strepitoso e per di più con gli amici, allora tutto è assolutamente perfetto: puoi ridere, piangere, gridare o stare in silenzio, puoi inseguire le aquile o provare a percorrere le traiettorie degli ultimi raggi di sole che disegnano le falesie imbrattandole di rosso acceso...va bene tutto, sai che gli altri che volano insieme a te stanno guardando con quegli stessi occhi. E speriamo che il vento accompagni sempre.Il batticuore.
Non so se ho provato maggiore commozione volando sull'Hustai National Park dove tutto è stato davvero incredibile, dove mi sentivo un pioniere per aver inseguito gli ultimi esemplari al mondo di cavallo Takhi, un esploratore dei cieli osservato da tutti e da tutto, con la natura che mi avvolgeva e non mi faceva sentire più nemmeno il freddo (che la brezza che soffia a quelle latitudini e altitudini ragionevolmente trasmette) oppure se è stato più emozionante ancora quando sono atterrato un po' più in là, al campo base, quasi in verticale, in un raggio di pochi metri e, in un attimo, tutti i bambini mi sono corsi attorno come se fosse caduto un eroe dal cielo. Non so, magari si chiedevano se ero vero, in carne ed ossa, esattamente come mi sarei stupito io se, alla loro età, avessi visto piombarmi per strada, quasi sui piedi, l'Uomo Ragno. Sono incredibili i bambini laggiù, ti danno tanto, davvero tanto e chiedono in cambio di essere presi in braccio o di vedere l'ultima foto che hai scattato, poi se ne vanno. Hanno la divisa degli Orlando Magic e giocano a basket o la gonnellina come le ballerine e ti chiedi come diavolo facciano a trovarli nel mezzo del nulla...pardon, nel mezzo della steppa o del deserto che per noi è il nulla, per loro è casa.
La guida, prima della partenza, mi aveva detto che dopo qualche giorno le aquile non le avrei nemmeno più considerate: non ci credevo, e se ci ripenso continuo a considerare incredibile che fossero tanto numerose quanto i piccioni a Milano. O gli avvoltoi. Ti rendi conto di quanto sono grandi solo se si posano accanto a qualcosa di cui hai bene in testa le dimensioni, allora ti accorgi di quanto siano maledettamente grossi; ecco perchè talvolta i nomadi legano i neonati ai termosifoni, così gli avvoltoi non possono portarseli via. Sembrerebbe un aneddoto, una "leggenda metropolitana" mongola, ma ho visto abbastanza di quel paese per credere che sia vero, sebbene ancora non mi sia riuscito di capire che cosa se ne facciano i nomadi dei termosifoni, nelle gher poi...In effetti anche loro non devono aver tanto chiaro in testa l'utilizzo migliore per cui impiegarli, tant'è che se ne servono come gradini d'ingresso alle tende, o come elementi delle recinzioni.Questa è la steppa mongola, un ambiente che ti riserva sempre sorprese, anche quando credi che la monotonia stia per prendere il sopravvento. Così arrivi alle Horkon Falls, le cascate del fiume Horkon, che in quanto cascate per noi europei abituati a ben altro sono poca cosa ma che per loro sono una grande attrazione, e di lì decolli, lì voli con le aquile. Sei nel loro regno, le sfidi sul loro pezzo forte, le inciti a farti vedere come si fa e a mostrarti come ci si prende gioco delle correnti. Le aquile. Devo aggiungere altro? Serve davvero farlo?
Invece sul deserto del Gobi si può dire che il volo è onesto. E' tutto piatto e prevedibile, o quasi. Perchè ti aspetti che all'alba ed al tramonto il vento vada a dormire e parti tranquillo delle tue convinzioni. Poi sembra che Lui, il Gobi, te lo dica, sai che le condizioni sono forti, che il vento tira e le termiche pure. Sai anche che basta lo zoccolo di un cammello a staccare un dust devil...sai tutto questo e ti alzi prima dell'alba speranzoso che il deserto ti lasci una finestra di volo ma a volte è meglio se ripieghi la vela (e la boria), la rimetti nel suo sacco e ritorni nella tua tenda a dormire un altro paio d'ore, altrimenti ti può capitare di dover passare il giorno bestemmiando e credendo che sia tutto finito lì, che uno strappo della stoffa sia la conclusione del viaggio. Però in Mongolia è stupido credere che la prima impressione sia anche l'ultima e forse è vero che il Buddha, con le sue quattro facce rivolte in tutte le direzioni, vede e provvede a tutto, per cui ti rimbocchi le maniche, non ti scoraggi, tiri fuori il tuo cordino di emergenza e ne estrai l'anima, recuperi ago, pinze e tanto, tanto, nastro americano e ci dai dentro. Poi speri di essere stato sarto quanto basta e che il Buddha non abbia altre prove da farti superare lungo il cammino permettendoti di volare dove nessuno l'ha ancora fatto prima di te.
Nel Gobi ho lasciato un pezzo di me, io con il Gobi ho parlato a Mandalovoo e ho cantato assieme a lui alle Flaming Cliffs; forse è per questo che mi ha capito e mi ha lasciato il passo...io rispettosamente l'ho accarezzato con la vela e con l'elica ho soffiato la sua sabbia. Sono stato il primo al mondo a fare questo, proprio là dove milioni di anni fa passeggiavano i dinosauri, quell'immensa palude che oggi è diventata una strepitosa catena di falesie fiammeggianti, le Flaming Cliffs appunto. Potrei anche non scriverlo, è vero, tanto io lo so che è così -e lo sa anche il Gobi- ma se lo scrivo forse qualcun altro aprirà domani altre vie, non lì ma altrove, e sarò io ad andare a vedere, dopo di lui, e a vivere altre esperienze indimenticabili.Tecnicamente posso dire che il volo in Mongolia a tratti è stato piuttosto impegnativo ma il lavoro di squadra e il saper di poter contare su Raffaele, compagno di volo preparatissimo sono stati di aiuto e di stimolo; l'attrezzatura di ottima fattura è stata la condizione indispensabile a monte di tutto per poter anche solo immaginare di poter compiere il viaggio: lo dimostra il fatto che abbiamo dato da bere gramo ai motori mentre le vele avevano il giusto compromesso tra prestazioni e sicurezza passiva.Ripartirei anche domani e lo farei con una consapevolezza diversa ma con il medesimo entusiasmo, intanto mi consolo rileggendo quanto ho scritto e aspettando che gli amici che mi hanno accompagnato finiscano di montare il nostro film.Diletta BiancoGiuliano Crottiwww.filmakingfarm.itDEEREES trailer from flavio nani on Vimeo.