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Post N° 7


Prescrizioni del lotto di Marco Travaglioda l’Unità del 14 gennaio 2006  Allora è deciso. Se l’imputato, cioè la parte privata, perde il processo, può giocarsi la rivincita in appello e, dovesse andargli ancora male, la bella in Cassazione. Se invece perde la parte pubblica, cioè il pm, cioè lo Stato in rappresentanza della collettività, cioè le vittime reali e potenziali del reato, la partita finisce lì. Con un paradosso aggiuntivo, messo in rilievo dal senatore ds Elvio Fassone: «Se gli danno torto, il pm non può fare appello; se gli danno ragione, può fare appello». Il fatto che la Procura abbia fatto appello contro la prescrizione omaggiata a Berlusconi nel processo Sme dall’ottimo giudice Castellano (quello della chat line con Consorte) e che la legge che cancella quell’appello sia opera dell’on. avv. Gaetano Pecorella, difensore di Berlusconi, è solo una sfortunata coincidenza. Astutamente lo Stato si preclude la possibilità di riparare agli errori giudiziari commessi dai tribunali assolvendo dei colpevoli, mentre i colpevoli condannati in tribunale potranno ancora sperare di esser assolti in appello. Certo, ciò non avverrebbe se lo Stato fosse rappresentato dalla vittima di qualche reato: invece è rappresentato dall’autore di parecchi reati, amorevolmente assistito anche in Parlamento dai suoi avvocati. E dunque tutto si spiega. Naturalmente, non potendo abolire solo il suo, di appello, Bellachioma ha dovuto abolire anche quelli degli altri. Salvando da eventuali condanne gl’islamici che, pur assolti dal gup Clementina Forleo, erano ritenuti “terroristi” da ministri, sottosegretari, marcelli pera e giornali al seguito. Vanificando le speranze dei parenti delle vittime del Petrolchimico (157 morti di cancro a Marghera) di ottenere giustizia almeno in appello. Mettendo al riparo da brutte sorprese il governatore Formigoil, assolto in primo grado al processo per le mazzette sulla discarica di Cerro (pagate, tanto per cambiare, da Paolo Berlusconi che ha già patteggiato e risarcito 50 milioni grazie a un fido di Fiorani) . E così via.Il fatto poi che il presidente del Consiglio abroghi per legge l’ennesimo processo a suo carico per reati gravi proprio mentre tenta di farne aprire uno a carico dei leader Ds per reati inesistenti («alla Procura di Roma ho rivelato notizie non penalmente rilevanti»), aggiunge un tocco di surrealismo al tutto. Nel 1999, quando la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale la famigerata riforma dell’articolo 513, centrosinistra e centrodestra decisero di infischiarsene e la infilarono addirittura nella Costituzione sotto le mentite spoglie di “giusto processo” (articolo 111). Vi si prevedeva, fra l’altro, la “parità delle armi” fra accusa e difesa. Ora l’abbiamo sotto gli occhi, quella parità: il pm non può appellare le assoluzioni, la difesa può appellare le condanne. Il combinato disposto di questa e altre norme recenti è un sistema processuale da estrazione del lotto, che farebbe venire la labirintite a un dadaista. Per Previti, imputato a Roma per corruzione di un perito, zero gradi di giudizio: il processo finisce prim‘ancora di cominciare, prescritto prima dell’udienza preliminare grazie allo sconto speciale dell’ex Cirielli. Per Berlusconi invece, nel processo sui diritti Mediaset, basta l’udienza preliminare: la difesa invoca l’ex Cirielli “in via residuale”per mandare tutto in prescrizione abbreviata prima del rinvio a giudizio. Nell’altro processo, lo Sme-Ariosto, basta e avanza il primo grado di giudizio: prescrizione in tribunale, ora inappellabile grazie alla legge Pecorella. Per Dell’Utri, visto che il primo grado gli è andato maluccio (9 anni per mafia), i gradi di giudizio restano almeno tre: non ha vinto in tribunale? Ri- tenti in appello, sarà più fortunato. Dopodichè c’è sempre la Cassazione, se basta. Per Giulio Andreotti sembrava tutto finito un anno fa con la sentenza della Cassazione che l’ha dichiarato colpevole di mafia fino al 1980, reato commesso ma prescritto. Ma quando c’è di mezzo un intoccabile, non c’è nulla di provvisorio delle sentenze definitive. Se lo dichiarano colpevole, scatta il quarto grado di giudizio: in commissione parlamentare Antimafia, la maggioranza riempie 400 pagine di relazione per sbianchettare la sentenza della Cassazione e dichiarare innocente il colpevole. Qualche tempo fa avevamo definito la commissione Antimafia “ente inutile”. Facciamo ammenda: è un ente dannoso.