Ancora una volta

Galdino (storia di un matto) Settimo Capitolo


-Che stai facendo, dottore. Questa non è la strada che porta a casa mia!-Dordoni fissò lo specchietto. I volti di Galdino e della direttrice apparivano del tutto simili, due icone cadaveriche sullo sfondo nero del sedile -Non potevi saperlo, ma sono state fatte delle modifiche alla viabilità- rispose senza troppa convinzione. Galdino gli premette la rivoltella alla base del collo -Non mi piace essere preso per il culo, dottore. Fermati immediatamente!- Per tutta risposta, il medico pigiò ancor più sull’acceleratore -Se non la portiamo in ospedale, morirà dissanguata, è questo che vuoi maledizione?- La canna della pistola, affondò ancor di più nella carne molle della gola -Ho detto di fermarti- ripeté Galdino in un sussurro. Dordoni esitò, quindi iniziò a rallentare. Raggiunto uno spiazzo, si fermò del tutto, le mani strette al volante.-Su una cosa hai ragione, dottore. Se non la portiamo in ospedale rischia di morire- Galdino fissò Brigida con espressione mesta -Solo che io non ho tempo da perdere, e non posso andare all’ospedale- E prima che il medico potesse anche solo replicare, spalancò la portiera trascinando con se la donna -Non morirai, signora. Ti troveranno e ti presteranno tutte le cure. Ma io devo andare- La direttrice, stremata per il troppo sangue perso, sorrise guardandolo coi suoi occhi chiari-Buona fortuna, ragazzo- Turbato, Galdino tornò velocemente verso l’automobile. Questa volta, salì dalla parte del passeggero-Portami a casa, dottore, è l’ultima volta che te lo chiedo- Dordoni ebbe un fremito -No. Mi rifiuto di lasciarla morire come un cane. Trova la strada da solo se vuoi, io la porto all’ospedale- detto questo, lasciò il posto di guida.-Fermati, dottore! Ti faccio saltare la testa se non mi riporti a casa immediatamente!- Ignorando la minaccia, il medico aiutò la direttrice a rialzarsi -La troveranno lo stesso! Pensi forse che quelli la abbiano ascoltato il mio avvertimento?- Dopo aver fatto stendere la donna sul sedile posteriore, Dordoni si rimise al volante -Non me ne importa nulla, andiamo all’ospedale e basta. Sparami pure se vuoi, ma non cambio idea-***Seduto al lato del passeggero, Vinci osservò gli alberi sfilare al loro fianco. La cazziata del sostituto procuratore, un giovane con la metà dei suoi anni, l’aveva indispettito oltre ogni limite. Ma non aveva potuto far altro che obbedire, cercando nel contempo di evitare le occhiate sarcastiche di Bardella. L’ispettore, concentrato nella guida, comandava la fila di tre automobili lanciate all’inseguimento. -Li raggiungeremo commissario, non dovrebbero essere lontani. Sempre che Galdino non abbia già commesso qualche pazzia- Un carro agricolo, sbucando da una stradina sterrata, si materializzò davanti a loro. Con una manovra abile quanto ardita, Bardella lo evitò per un soffio, per poi accelerare nuovamente.-Non lo scopriremo mai se non rallenti, Bardella- voleva essere una battuta ma, le gocce di sudore sulla fronte, dicevano esattamente l’opposto -Credo di sapere dove si stanno dirigendo, non è necessario rischiare la vita- Bardella rallentò sensibilmente, quindi si voltò fissandolo con attenzione -Davvero capo?- Incapace di celare una punta di soddisfazione, il commissario sorrise-Invece di giocare sempre con le armi, dovresti fermarti a riflettere ogni tanto-La frase andò a segno. L’ispettore s’incupì, ma rimase in silenzio in attesa del resto. Che non tardò ad arrivare -Pensaci, Bardella. Dove potrebbe andare una persona che, rinchiusa da più di vent’anni nel solito posto, si ritrova improvvisamente libera. Una persona che ha perso ogni punto di riferimento. Amici, parenti, tutti volatilizzati. Tranne uno- L’ispettore capì immediatamente, e il sorriso del commissario si allargò -La centrale mi aveva già dato l’indirizzo. La casa di Galdino è a qualche chilometro, puoi anche rallentare adesso-***Il dito preme sul grilletto. Un’altra piccola pressione, e della testa resterà solo un ammasso informe. Il volto ricoperto di sudore, Galdino ode appena i lamenti provenire da dietro -Non farlo. Non sei un assassino, non farlo- Il medico si volta. Fissa la canna della pistola a pochi centimetri dal suo viso, distoglie lo sguardo. L’automobile si muove lentamente, acquista sempre più velocità. Galdino abbassa l’arma e sospira -Fermati, fammi scendere- Dordoni non si fida, ma decide di assecondarlo. Sono di nuovo fermi. Galdino apre lo sportello e lascia l’abitacolo senza voltarsi. Allungandosi sul sedile, il medico lo richiude.Inoltrandosi nella boscaglia, Galdino imprecò a denti stretti. Il dottore non gli aveva detto una bugia. Pur riconoscendo alcuni tratti, si rese conto che molte cose erano cambiate dall’ultima volta che aveva percorso quei luoghi. Avrebbe dovuto procedere attraverso i campi, col rischio di smarrirsi e perdere tempo prezioso. Ma non aveva altra scelta. Il dottore aveva di certo avvisato la polizia della sua decisione. Doveva arrivare prima di loro.