The city of Angels

Se un indiano Ojebway vuol fare del male a qualcuno, foggia una immagine lignea del suo nemico e ne trafigge il cuore o la testa con un pugnale, nella convinzione che in quello stesso punto il soggetto riceverà immediato lancinante dolore; se invece vuole ucciderlo, brucia o seppellisce il pupazzo pronunciando formule magiche. Gli indigeni peruviani utilizzano invece una figura composta con grasso misto a grano, bruciandola lungo la strada percorsa dalla vittima affinchè se ne consumi l'anima. La ricetta malese prevede l'uso di parti, unghie, capelli, saliva o sopracciglia del nemico, mescolando il tutto con cera d'api presa da un favo abbandonato. La figura così ottenuta viene fatta ardere per sette notti sopra una lampada, recitando lo scongiuro: non brucia la cera ma l'anima di (nome del soggetto).Una variante dell'incantesimo malese, più simile alla procedura Ojebway, usa un fantoccio in cera d'api di circa 30 cm. Trafiggendo gli occhi il nemico diverrà cieco, nello stomaco vomiterà, sul capo avrà mal di testa mentre, per il decesso, è necessario che uno spillone trapassi la figura da capo a piedi, dopodiché la si avvolge in un sudario recitando le preghiere per i defunti. La sepoltura dovrà avvenire su di una strada percorsa dalla vittima, che così calpesterà il maleficio e, per evitare che il suo sangue ricada sull'autore del sortilegio, sarà necessario recitare che: a sotterrarti non son io ma Gabriele, angelo di Dio. Buone cose.