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Post n°659 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da cambiangolo
Pace e memoria sono le parole risuonate con maggiore insistenza nel corso della commemorazione della battaglia partigiana di Pratolungo. Il sacerdote nella sua omelia ha ricordato come l’odio non sia la strada da percorrere verso la pace; le parole scritte dal marito di una vittima del Bataclan potevano essere condivise dai partigiani morti sulla nostra montagna. Non avrete il mio odio, recita la lettera, che prosegue: “Siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forte di tutti gli eserciti del mondo. Non ho peraltro non più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha 17 mesi appena, mangerà la sua merenda come tutti i giorni, poi andremo a giocare come tutti i giorni e per tutta la sua vita questo piccolo ragazzo vi farà l'affronto di essere felice e libero. Perché no, non avrete nemmeno il suo odio". Il gruppo partigiano del colonnello Lorenzini era composto da uomini provenienti da nazioni diverse altrettanto unita adesso deve presentarsi l’Europa se vuole uscire da un momento difficile, ha sottolineato nel suo intervento il Presidente degli alpini camuni Giacomo Cappellini. Nel suo intervento Cappellini ha anche chiesto di non perdere la memoria di questi piccoli episodi che hanno segnato la nascita dell’Italia Repubblicana. “Vanno bene le celebrazioni per i grandi eventi della storia ma le amministrazioni comunali dovrebbero, con un documento, ricordare ogni 8 dicembre ai più giovani questi fatti storici perché non vada disperso il patrimonio e il sacrificio delle persone che hanno lottato per la pace, la giustizia e la libertà”. Una testimonianza che le numerose persone presenti alla cerimonia hanno confermato, con la loro partecipazione, di voler trasmettere alle giovani generazioni. |
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"L'Assemblea dei Delegati, preso atto e confermata la validità di tutto quanto precedentemente deliberato in merito alla Divisione Monterosa e altri simili della Repubblica Sociale Italiana, dichiara e riconosce che tutti i giovani che hanno prestato servizio militare in un reparto Alpino, in qualsiasi momento della storia d'Italia, e quindi anche dal 1943 al 1945, poiché hanno adempiuto il comune dovere verso la patria, siano considerati Alpini d'Italia."
Molti anni fa un ex-alpino, un partigiano (per sempre), Nuto Revelli, mise in guardia i suoi ex-commilitoni sul rischio di essere assimilati a un discorso nazional-popolare da «maggioranza silenziosa» in cui i morti sono tutti uguali, ma purtroppo il suo appello cadde nel vuoto...
Non provate nemmeno a far chiarezza su un passaggio equivoco nel vostro post dove avete scritto dei «cinque partigiani e due militari»?
Va preso dunque atto che l'interpretazione corretta è quella del consigliere Ferrari?
Niente sforzo per riportare i nomi - almeno in un commento - dei partigiani trucidati (hanno un nome, erano uomini, non rappresentano solamente un'occasione per darvi la possibilità di sfilare a Pratolungo)?
Preferite a questo punto che li si chiami banditen?
Abbiate dunque il coraggio di scriverlo in modo chiaro che state dalla parte di Zuccari e dei repubblichini, non è possibile e pensabile qui - oltreché essere scandalosa - una posizione equidistante.
Chiedo nuovamente ai redattori del blog: nulla da dire sulle affermazioni del consigliere Ferrari?