Aniene Valley D.C.Scuola Subacquea, Nautica, Diving e Circolo Sub |
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Post n°14 pubblicato il 21 Novembre 2009 da maxcervoni
Il Corso
Qualche mese fa un mio amico insisteva parecchio per farmi andare in piscina. No, a me l'acqua non piace tanto. Si mi lavo, la doccia, il bagno come tutti. Lo snorkeling mi affascina... cos'è? Me lo chiedevo pure io quando un'amica di ritorno dal mar Rosso mi ha detto: " Ho fatto snorkeling tutti i 15 gg". L'ha detto con quell'aria da gran donna, gonfiando il petto già ricco di per se. (Forse è stato quello ad impressionarmi). Non so come ha fatto a convincermi, forse parlando di ragazze in costume, forse declamando sensazioni improbabili. Tre mesi mi sembrava un tempo troppo lungo per imparare a respirare da un tubo e quando ho scoperto la prima lezione che di bombole, pesi etc non se ne parlava prima di aver imparato a nuotare sono rimasto un po' deluso. Posso dire di aver imparato a stare a mollo. Di aver capito come rendere più efficace il respirare come muovere gambe e braccia per far meno fatica. Il tempo è volato, le lezioni di teoria smitizzato i dubbi e le paure, in men che non si dica ci siamo ritovati con bombole, erogatori, pesi ed un compagno sul fondo della piscina... udite udite respiravamo! L'esame. Quasi a sorpresa, meglio così. La teoria una passeggiata, e pensare che avevo pure ripassato la sera prima. I concetti non sono molti ed un poco di raziocinio permette di districarsi facilmente tra le leggi fisiche e il fantasma dell'embolia. Quello che non mi ha fatto dormire la sera prima è stata la prova in mare: 2 immersioni in un giorno. Partenza da Milano di mattina presto (a qualcuno sembrerà tardi.. a me piace rigirami tra le coperte però). Ore 7: 30 in autostrada, direzione FRAMURA tra Deiva e Levanto, ai margini delle cinque terre, il "paradiso ligure". "Ciao il viaggio tutto bene, oh ma ci sei anche tu". Il finto sorriso di quello che si sta cagando addosso ma vuol far capire all'atro di essere più maschio. Ragazzi l'11 Aprile non l'avevo mai fatto il bagno, ormai si era lì, c'era il sole, mogli e ragazze a cui non si poteva mostra codardia e pian piano abbiamo indossato la muta, un preservativo di 5 mm di spessore, da testa a piedi, solo parte della faccia scoperta. La cintura con i pesi come se non bastasse. Poi passetti piccoli nell'acqua sperando che non ne passi nemmeno una goccia sotto la muta.... arrrrrrrgghhhh è entrata l'acqua cazzo. Quando sei cosi conciato si fa fatica restare in piedi anche nell'acqua, ogni sasso sul fondo diventa viscido e provocatorio, ogni minima ondulazione del mare un onda anomala che ti sommerge. Ma il vero sub resiste, anche se beve in un metro d'acqua. Quando hai la bombola sulle spalle gia' ti senti piu' sicuro e ti accorgi che come d'incanto la tensione e' sparita, soggiunge il ricordo di come si sta bene in acqua, "Forza ragazzi altro giro altra corsa inserire il gettone e via". 30 metri di nuoto in emersione e il segnale "GIU'". Come nei film, in braccio verso il cielo, il corpo e il viso che scompaiono misteriosamente tra i flutti, una scia di bolle a ricordare che esistiamo ancora. Un tubo della fogna che potrebbe rovinare la poesia invece si trasforma in una guida verso scogli sommersi più interessanti, l'istruttore con una pila illumina anemoni e altre starne bestie che prendono colore, ogni fessura nella roccia e' un tesoro da scoprire. Inebriati passano i minuti, neanche guardo il profondimetro per vantarmi poi con gli amici della profondità. Tempo e spazio si confondono e cullano me e i miei compagni. Da non crederci sono passati 45 minuti, l'aria è ancora abbondante ma le prime volte è bene tenerne una buona riserva e si decide di uscire. L'ho fatto, io c'ero, sta emergendo un nuovo uomo, se guardo bene magari una piccola branchia da qualche parte mi è spuntata. Marco Moniga
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Post n°13 pubblicato il 20 Novembre 2009 da maxcervoni
Deontologia professionale di un Istruttore Subacqueo o Responsabile Diving La Deontologia Professionale consiste nell'insieme delle regole comportamentali, il cosiddetto "codice etico", che si riferisce in questo caso ad una determinata categoria professionale. Talune attività o professioni, a causa delle loro peculiari caratteristiche sociali, devono rispettare un determinato codice comportamentale, il cui scopo è impedire di ledere la Dignità e la Professionalità di chi sia oggetto del loro operato. Chi non rispetta tale comportamento è un cialtrone.
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Post n°12 pubblicato il 27 Marzo 2009 da maxcervoni
Una boa segna sub è il dispositivo mediante il quale un sommozzatore in immersione, un apneista o un semplice nuotatore, segnalano la propria presenza in acque libere. Per legge, ma soprattutto per sicurezza, il subacqueo è sempre tenuto a segnalare la propria presenza mediante la bandiera segna sub e deve mantenersi entro 50m da essa. Le barche naturalmente devono invece transitare ad almeno 100m. La bandierina può essere posizionata sopra una barca o su una boa. Per maggiori dettagli circa la normativa che regola la segnalazione di sub in acque libere vedere la voce bandiera segna sub.
Per mantenere meglio la posizione eretta a volte è dotata nella parte inferiore anche di una piccola zavorra o di una seconda camera che puo' essere riempita d'acqua.
Boa torpedo Riducendo lo sforzo necessario per il traino ne dovrebbe rendere più comodo l'utilizzo.
Essendo di forma piatta, dispone di un'ampia superficie per appoggiare o fissare attrezzatura e pescato. Realizzato in materiale galleggiante rigido non rischia di bucarsi.
È utilizzata quando, a causa di correnti o scarsa visibilità, il sub non è in grado di risalire nei pressi della barca dalla quale si è immerso. Per evitare il rischio di emergere senza aver opportunamente segnalato la propria presenza, il sub prima della risalita srotola la boa d'emergenza e la invia in superficie gonfiandola con un erogatore. In questo modo permette anche alla barca di supporto di individuarlo e di raggiungerlo. Questo tipo di boa, complici anche i produttori, è chiamata in molti modi diversi: boa di decompressione perché può essere utilizzata per facilitare il mantenimento di una certa quota durante le soste di risalita, boa d'emergenza perché in condizioni normali in teoria non ci sarebbe ragione di usarla, cazzillo per via della forma allungata, DSMB (dall'inglese Delayed Surface Marker Buoy) perché si tratta di una boa segnasub che non viene utilizzata fin da subito. È chiamata spesso anche pedagno anche se impropriamente visto che un pedagno è una boa dotata di corpo morto che serve per marcare un determinato punto. Ci sono diversi sistemi per garantire un facile gonfiaggio della boa di decompressione e allo stesso tempo evitare si sgonfi non appena giunta in superficie. Puo' esserci una valvola di gonfiaggio e una di sovrapressione (il sistema più affidabile) oppure l'estremità inferiore è aperta (libera o autosigillante) e zavorrata. Queste boe, in base al colore o grazie ad una lavagnetta, possono anche veicolare un messaggio verso superficie. Ad esempio presso certe didattiche la boa arancione sta a significare una decompressione regolare, mentre quella gialla indica un'emergenza e una richiesta di assistenza. È bene notare però che non si tratta di segnali riconosciuti internazionalmente e per questo possono essere usati solo con persone con le quali ci si è preventivamente accordati.
In particolare questo si può verificare nel caso in cui: la boa venga travolta da una barca: il rocchetto dev'essere sganciabile rapidamente il rocchetto si inceppi durante lo svolgimento del cavo: non fissare il rocchetto o fissarlo in maniera che sia rapidamente sganciabile o utilizzare un semplice avvolgi sagola zavorrato
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Post n°11 pubblicato il 19 Marzo 2009 da maxcervoni
Cos'è il Forame Ovale Pervio (PFO)? Uno studio retrospettivo, multicentrico eseguito in Francia ha dimostrato che il rischio annuo di avere una recidiva di ischemia cerebrale transitoria (TIA) è dell'1.2%, e del 3.4% di avere una recidiva di ictus cerebrale o di TIA; le stesse percentuali di recidiva di eventi ischemici cerebrali si verificano anche nei pazienti con PFO e pregressi episodi di ischemia cerebrale "criptogenetica" che assumono una terapia medica profilattica con farmaci anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici 17. I dati di questo studio francese sono confermati da quelli di uno studio svizzero condotto a Losanna, in cui la recidiva di ictus ischemico cerebrale in 140 pazienti con PFO e pregresso ictus è stata dell'1.9% all'anno, mentre la percentuale combinata di ictus e TIA è stata del 3.8% all'anno18 , 19. Chiusura non chirurgica (per via percutanea) dei PFO Il principale svantaggio dei primi sistemi di chiusura percutanea dei PFO appena citati consiste nel fatto che alcuni di essi sono tecnicamente difficili da impiantare, oppure sono a rilascio incontrollato, o non sono recuperabili a causa della loro forma e contruzione. Uno degli ultimi sistemi sviluppati (denominato "AMPLATZER PFO Occluder") ha risolto quasi tutti questi svantaggi: è facile da impiantare con un rilascio controllato ed è facilmente recuperabile. E' perciò diventato, nei centri specializzati in questo tipo di interventi, uno dei sistemi più utilizzati in alternativa alla terapia anticoagulante (non esente da effetti indesiderati come emorragie, ematomi, necrosi o gangrena cutanea, o interazione con altri farmaci) o a quella chirurgica (sicuramente più traumatica) nei pazienti con PFO ed episodi di embolia paradossa associata ad ischemia cerebrale.
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Post n°10 pubblicato il 19 Marzo 2009 da maxcervoni
Il trattamento degli incidenti correlati all'immersione subacquea in camera di decompressione è una procedura nota anche ai non subacquei. Questo approccio è però errato, nel senso che, omettere l' ossigenazione a pressione atmosferica, è un grossolano errore nel protocollo terapeutico della MDD ed esistono mezzi tecnici che consentono la respirazione di ossigeno sul luogo stesso dell'incidente durante il trasporto verso il centro iperbarico, senza significativi limiti di tempo. Perché l' ossigeno è più importante della ricompressione I sintomi della MDD o dell'EGA, sono provocati da bolle gassose, per la maggior parte situate nel circolo sanguigno, che può esserne parzialmente ostruito o compromesso. La maggior parte degli organi è scarsamente minacciata da questo rischio di sofferenza ischemica, a causa della possibilità di attivare sistemi di circoli collaterali o per la loro intrinseca maggior resistenza all' ipossia. Altri organi, però, quali il cervello ed il midollo spinale, posseggono, in misura minore, queste capacità di reazione all' ischemia e sono maggior- mente dipendenti da un' adeguata e costante ossigenazione. Le bolle situate nel contesto stesso del tessuto, al di fuori dei vasi sanguigni, possono, invece, provocare effetti diversi, di carattere meccanico, con compressione di strutture anatomiche, di terminazioni nervose e con sintomi dolorosi. La ricompressione terapeutica di per sé, per quanto utile ed importante, non porta sempre al successo terapeutico definitivo e ci sono altri e diversi fattori da considerare per ottenere il miglior risultato possibile. 1. La Finestra di Ossigeno. 2. Ossigenazione del plasma. 3. Il fattore tempo. Una terapia adeguata richiede quindi i seguenti passi: -inizio precoce, possibilmente entro 2 ore dalla comparsa dei sintomi Ciò dimostra che la terapia ricompressiva in aria, effettuata fino ad alcuni anni fa, ha un' efficacia limitata rispetto all' attuale e più efficace approccio di ricompressione in ossigeno alla pressione di 2-2.8 ATA. Il tempo che trascorre fra un incidente subacqueo e la ricompressione terapeutica in camera iperbarica in genere non è mai breve e, spesso, si aggira fra le 3 e le 10 o più ore. |
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