Creato da sanavio.stefano il 09/01/2010

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Accadde vent'anni fa: Soundgarden "Superunknown"

Post n°75 pubblicato il 25 Marzo 2014 da sanavio.stefano

Sul finire degli anni ottanta dopo la sbornia dei sintetizzatori passata qualche anno prima, cominciarono a riemergere band che prediligevano imbastire il loro suono con dei riff granitici molto vicini ai Black Sabbath o Led Zeppelin; era un periodo strano, le massime glorie del rock britannico e americano (leggi U2 e R.E.M.) erano state messe sotto contratto da major, sembrava che veramente e in modo irreversibile l’industria del disco, sempre a caccia di novità pronte a rimpinguare i portafogli dei manager, puntasse sulla scena indipendente (leggi Sonic Youth) senza preclusioni, anche quando la musica non era immediatamente spendibile come moneta sonante (leggi Husker Du). Dunque, nuove band hard rock, si diceva poc’anzi. Una delle prime novità da questo punto di vista che giunse alle mie orecchie si chiamava Jane’s Addiction, veri extraterrestri: non si era mai sentita una musica simile. Subito dopo vennero i Soundgarden. 
La loro storia inizia a Seattle, estremo baluardo nord ovest americano dove Chris Cornell, Kim Thayil e Hiro Yamamoto, conosciutisi al college, ingaggiano il batterista Matt Cameron (proveniente dai grezzi Skin Yard) e decidono di fare sul serio, talmente sul serio che Thayil, grazie al contributo di un filantropo DJ esperto della nascente scena grunge, mette in piedi la Sub Pop. I quattro pubblicano i loro due primi EP “Screaming Life” e “Fopp” (ripubblicati come album singolo nel ’90) e firmano per la SST per il loro esordio sulla lunga distanza. “Ultramega OK” del 1988 è un colpaccio, la band è richiesta in tutti i club più prestigiosi, insomma si fanno largo nel marasma della scena indie. Il disco è un sapiente melange fra hard grezzo e travolgente e puntate di oscurità che ricorda il post punk inglese. Sono anche spiritosi i nostri: due tracce vengono sapientemente chiamate “665” e “667”, i lati estremi del numero del diavolo, tanto per prendere un po’ in giro le solite voci che si rincorrono da (troppi) anni sul presunto satanismo legato alla musica rock; in mezzo a questi scherzi invece un pezzo tenebroso quale “Beyond The Wheel” con la voce di Cornell che si esprime su livelli di decibel sontuosi e tra le altre una riuscitissima cover di “Smokestack Lightning” del bluesman Howlin’ Wolf. Alcuni acuti critici discografici clonano la definizione Led Sabbath per definire il fenomeno Soundgarden, che è sicuramente calzante ma anche riduttivo, la fase ritmica richiama più di una volta punk e new wave, insomma la commistione è abbastanza riuscita ed originale. L’anno dopo firmano per una major, la A&M che li ha a lungo corteggiato ed è disposta a lasciare mano libera sulla conduzione artistica del gruppo. Bene farà, perché i nostri hanno in canna uno dei migliori album dell’89 in toto: “Louder Than Love” è un granitico monumento di hard tenuto ad altissimi livelli, la voce di Cornell non si pone limiti (se non quelli appartenuti a Robert Plant e Ozzy Osbourne), i pezzi sono tra i migliori che hanno mai scritto, i testi a volte bricconi (vedi “Full On Kevin’s Mom”) a volte visionari spiazzano l’ascoltatore e parlano di una band in grandissima forma. Nel ’90 il bassista Yamamoto lascia la band per motivi di studio, rimpiazzato in maniera definitiva da Ben Shepherd. L’anno successivo tornano con “Badmotorfinger”, piaciuto molto ai fan, che regala ancora momenti indimenticabili. E’ il 1991 e c’è nei dintorni una band che trascina col suo immenso successo commerciale tutto il movimento denominato grunge. Si parla dei Nirvana ovviamente. In quel periodo la band si prende una pausa e Cornell approfitta per varare un progetto parallelo denominato Temple Of The Dog, nato per ricordare uno sfortunato compagno di stanza di Cornell prematuramente venuto a mancare, sfoggia al suo interno una serie di bei nomi della scena grunge quali Eddie Vedder, Mike McReady, Jeff Ament e lo stesso Cameron. L’esito atteso è il monumentale omonimo “Temple Of The Dog”. Ora però è tempo di affermare a livello mondiale la ditta Soundgarden, il momento giusto avviene due anni dopo.
Marzo 1994, vent’anni fa esatti esce “Superunknown”,  un disco meno omogeneo del solito ma dai grossi risultati di vendita, tant’è che la ballata “Black Hole Sun” (chi non la ricorda?) funge da traino in virtù di una melodia psichedelica cristallina e di un video passato in hard rotation su MTV. Ma non solo, sfila una sequenza di pezzi inarrestabile per un totale di un’ora e dieci minuti di pura adrenalina, con la sinuosa “Fell On Black Days”, una “Spoonman” che potrebbe appartenere al repertorio degli Zeppelin e altre prelibatezze quali “My Wave” e la scatenatissima title track. Questo disco rimane l’apice della band, molto più levigato e mainstream dei precedenti ma capace ancora di emozionare i fan. Peggio andrà col successivo “Down On The Upside” e con la fine repentina della prima vita dei Soundgarden. Torneranno, come ormai fan tutti, con la reunion targata 2010.

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Commenti al Post:
Alm0st_Blue
Alm0st_Blue il 25/03/14 alle 16:46 via WEB
Superunknown è uno dei migliori dischi che abbia mai ascoltato. Cornell ha una voce eccellente. (assomigli tantissimo a Nick Cave, - vedi profilo - non te l ha mai detto nessuno? ) : )))
 
 
sanavio.stefano
sanavio.stefano il 08/04/14 alle 09:12 via WEB
La foto che ho messo è Nick Cave, uno dei miei idoli. Grazie del commento, sono ovviamente d'accordo con te. A presto Stefano
 
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