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Post N° 156


....Lui, ragazzino, restò colpito dal fatto che bisogna amare tutto, che Cristo è buono, insomma era qualcosa di diverso da quello a cui era stato educato, perché a lui era stato insegnato a mettersi “in lite” con tutti e aveva in mente solo di andare a combattere il comunismo, di lottare. E allora, incuriosito da questa divergenza, andò a casa e chiese alla madre una Bibbia. Domandò alla madre quale fosse il libro più importante da leggere, e lei rispose che era il Vangelo.  E dice ancora il metropolita Antonij: “Io ero un ragazzino piccolo ma intelligente, capii che uno tra i quattro Vangeli doveva essere il più corto”.  E quindi prese in mano il vangelo di Marco che, in effetti, era stato scritto apposta per gli adolescenti, da quello che sappiamo dalla storia della Chiesa.  Ma non è stato stupefacente tanto il fatto che Dio in qualche modo gli abbia messo in mano il Vangelo più adatto, quanto il fatto che, durante la lettura, egli improvvisamente - e qui è difficile trovare le parole giuste per raccontarlo -  avesse fatto esperienza, con tutta la sua persona, avesse sperimentato che, seduto alla tavola, vicino a lui, c’era Cristo. Non ebbe estasi o visioni mistiche,  non fu un fenomeno emotivo. Fu un’esperienza che prevaricava  ogni possibile emozione  e sensazione umana: la piena presa di coscienza che  Dio vive, che Dio c’è ed è qui!